Bilancio della CO2
Il miglioramento del riparto modale (però a parità di flusso di merci complessivo) viene valutato in relazione alla capacità di ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) assumendo che la ferrovia risulti sempre più conveniente della strada.
Tuttavia questa affermazione non è sempre vera, dipende da quante emissioni vengono liberate in fase di cantiere e di esercizio dell’opera stessa, che potrebbe rivelarsi al contrario un emettitore di gas a effetto serra in quantità superiori alla situazione esistente.
La dimensione del cantiere (scavo totale di 42 milioni di m3 di materiali), l’elevata potenza dei treni, nonché i consumi energetici per il raffreddamento e la ventilazione del tunnel di base tra Italia e Francia in fase di esercizio (circa 190 GWh/anno, pari alla domanda di circa 70.000 utenze domestiche) vanificherebbero ogni eventuale futuro risparmio di emissioni serra.
Il tunnel di base da 57 km dovrebbe pertanto essere oggetto di uno studio certificato di bilancio di carbonio per essere ritenuto un’opera che riduce effettivamente le emissioni, obiettivo peraltro già raggiungibile con la linea attuale a doppio binario via tunnel del Fréjus.
L’Accordo di Parigi, per ottenere il contenimento dell’aumento di temperatura globale entro 2°C al 2100, richiede una rapida diminuzione delle emissioni globali (a partire dal 2020). Pertanto, ogni strategia che si propone di ottenere una riduzione immediata dei consumi energetici (come la riqualificazione energetica degli edifici e l’installazione di impianti per energie rinnovabili) è da preferirsi rispetto a grandi opere che durante la fase di cantiere diventano emettitori certi e possono forse recuperare la loro quota di emissioni soltanto dopo decenni, quando il danno ambientale è ormai fatto e ingenti risorse economiche sono state sottratte a impieghi climaticamente più efficaci.