I bandi devono essere fermati

La Francia deve assumersi le sue responsabilità

La Commissione europea non può minacciare l’Italia

20190307


Un portavoce di Palazzo Chigi ha dichiarato stamattina: “ieri si è convenuto che l’analisi costi-benefici pone ora all’attenzione del Governo il tema della ripartizione dei finanziamenti del progetto tra Italia, Francia e Unione Europea.”

Il Contratto giallo-verde impegna il Governo a “ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’Accordo tra Italia e Francia”, dunque questo tema deve essere affrontato anche alla luce delle “modifiche di fatto” all’Accordo del 2012 già annunziate da anni dalla Francia e dall’Italia.

Il principio della ripartizione asimmetrica del finanziamento tra Italia e Francia fu deciso nel 2004, le percentuali furono introdotte nell’Accordo di Roma del 2012. L’Italia deve pagare il 57,9% del costo di tutto il tunnel, la Francia il 42,1%.

Questa asimmetria fu giustificata con la diversa lunghezza delle linee di accesso al tunnel in Francia (33 km) e in Italia (19,5).

Nel 2016 il primo ministro francese di allora, Manuell Valls, dichiarò che “La Francia contribuirà alla Torino-Lione con 2,2 miliardi di euro, ovvero il 25% del costo delle opere, si tratta di un costo significativo di circa 200 milioni di euro all’anno per la durata del progetto”.

Ma dopo tre anni questa frase è rimasta una promessa, la Francia ha ampiamente dimostrato di essere inaffidabile. Oggi sarebbe azzardato per il Governo italiano di accontentarsi di una promessa da parte di Macron o del suo primo ministro.

Applicare gli Accordi con la Francia significa verificare oggi la volontà politica dei nostri vicini. Il prossimo passo non potrà essere che un incontro con il Governo francese per esaminare i reciproci impegni su questo dossier, e le alternative.

C’è da tenere presente che nella realtà sono già state da tempo annunziate modifiche all’Accordo del 2012: la Francia ha comunicato pubblicamente di voler rinviare a dopo il 2038 l’esame della necessità di realizzare una nuova linea di accesso al tunnel di base di 33 chilometri (dotate di due tunnel bitubo), l’Italia ha nel frattempo deciso che il tunnel dell’Orsiera di 19,5 chilometri non sarà fatto per risparmiare.

L’Accordo del 2012 è nei fatti già modificato, ora i due governi dovrebbero incontrarsi per certificare che la geografia del tracciato è cambiata e per determinare una nuova chiave di ripartizione dei reciproci investimenti. Questo passo consentirà all’Italia di stanare la Francia che a parole vuole la Lyon-Turin, ma  solo se la paga l’Italia.

Ma l’alternativa deve essere in primo piano, occorre mettere sul tavolo della trattativa l’opzione zero, ossia  l’uso della linea esistente e del tunnel del Fréjus ristrutturati, come da anni viene richiesto e in parte già realizzato.

Questa verifica, se i due Stati la faranno, consentirà di stendere un nuovo accordo per sospendere e modificare il progetto che dovrà essere approvato e ratificato dai rispettivi parlamenti.

Ciò detto, il Governo italiano intanto non dovrà permettere a TELT di lanciare dei bandi di gara lunedì 11 marzo 2019 (decisione senza ritorno) per un progetto che potrà essere realizzato solo nel rispetto degli Accordi, per i quali sono state già da tempo annunciate delle sostanziali modifiche. Al di là di ogni questione, TELT non potrà lanciare i bandi se i suoi proprietari Francia e Italia non dimostrano “carte alla mano”, e non mediante promesse, di aver stanziato tutte le risorse.

Per quanto riguarda i fondi europei, la Commissione europea non deve minacciare l’Italia o imporre un calendario, ma essere solo “spettatrice” delle volontà degli Stati Membri perché l’Art. 17 del Regolamento CEF stabilisce che “la realizzazione di questo progetto non è vincolante per gli Stati membri nelle loro decisioni di programmazione e la decisione di attuarlo dipende dalle capacità di finanziamento e dalla loro fattibilità socioeconomica”.

Al termine di questo processo di confronto tra i due Stati, la Francia e l’Italia dovranno comunicare separatamente a tempo debito alla Commissione la loro decisione se proseguire il progetto o abbandonarlo.

La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE già persi

I residui fondi UE (CEF) attualmente a disposizione per la Torino Lione sono già persi anche in presenza di proroga del Grant Agreement al 2020.

Le attività finanziate sono in ritardo da anni a causa di comprovate inefficienze di TELT. La Commissione Europea e l’INEA sono perfettamente a conoscenza della situazione.

Anche se TELT lancia le gare, la Commissione europea sarà comunque obbligata a decurtare oltre 300 milioni di sovvenzioni già assegnate e non utilizzate, seguendo il principio use it or lose it.

Tale situazione è l’esatta replica di quanto già visto nel 2013  (cfr. la Decisione della Commissione C_2013_1376 – durante il Governo Monti): TELT (allora Ltf) perse circa 300 milioni di euro per la sua incapacità a completare le attività promesse.