E’ un progetto dispendioso ed è bloccato da circa 20 anni da una protesta di epica tenacia, in alcune occasioni violenta.
Ma entro questa settimana il progetto di un collegamento ferroviario di 56 km sotto le Alpi, che collega Torino con Lyon ed è 6 km più lungo di quello della Manica, passerà ad una nuova e probabilmente decisiva fase.
I funzionari devono espropriare una digradante distesa erbosa vicino al paese di montagna di Chiomonte, fuori Torino, dove inizieranno i lavori dalla parte italiana del confine. Il primo scavo in programma è un tunnel di accesso per le rilevazioni geognostiche.
Quando la scorsa estate il luogo fu recintato, quasi 400 persone rimasero ferite negli scontri tra dimostranti e polizia. Da allora sono state imprigionate 26 persone accusate di avere preso parte alle violenze.
Le autorità hanno dichiarato il luogo sito di importanza strategica nazionale, sottoposto alla stessa legislazione in vigore per le caserme. Ma il terreno è stato in parte acquistato dal movimento di protesta, e Lele Rizzo, figura di primo piano dell’ala più radicale, ha detto che quando le espropriazioni inizieranno “Noi tenteremo di essere lì, nelle nostre proprietà”.
La prima dimostrazione contro la linea del treno ad alta velocità (TAV) avvenne nel 1995, la resistenza va avanti da allora, in febbraio per poco non costò una vita umana, quando un attivista che era salito su di un traliccio elettrico cadde e riportò severe ustioni.
Sorpresi dalla forza delle proteste, i successivi Governi a Roma hanno esitato e cincischiato.
Ma il governo non partitico di Mario Monti sembra determinato. E’ entrato in funzione lo scorso novembre, con l’incarico di rianimare la moribonda economia italiana e, dice Mario Virano, commissario straordinario per il tunnel, “le infrastrutture sono considerate un motore per creare sviluppo economico”.
Virano ha il compito di convincere la popolazione locale ed i suoi rappresentanti della bontà del TAV. Lo scorso mese, convocato a Roma, rimase stupito di trovare dall’altra parte del tavolo, oltre a Monti, niente meno che quattro membri del suo Consiglio dei Ministri.
Virano riporta che alla fine di una riunione durata parecchie ore, Monti ha dichiarato: “Vogliamo andare avanti (con il progetto TAV), non perché l’abbiamo ereditato ma perché ci crediamo”
Allora perchè il progetto suscita tante appassionate prese di posizione? Tutti i paesaggi alpini hanno una certa maestosità, ma la Valle di Susa, pur avendo molti monumenti storici e reperti archeologici non è una delle più belle.
Oltre alla linea ferroviaria esistente, è costellata di cave e fabbriche. Il territorio dove venne combattuta l’anno scorso l’ultima battaglia campale si trova nelle vicinanze di uno schieramento di mostruosi piloni di cemento che sorreggono parte dell’autostrada A32, costruita negli anni ’80 del Novecento.
“Quello sì che è un abominio, ma è stato costruito senza che ci fosse alcuna resistenza”, ha detto Renzo Pinard, sindaco di Chiomonte, uno dei due esponenti istituzionali locali interessati dalla linea che la appoggiano.
Gli ambientalisti hanno detto che le montagne nelle quali si dovrebbe scavare il tunnel contengono depositi di asbesto ed uranio. Massimo Zucchetti, docente di ingegneria nucleare al Politecnico di Torino, è un consulente della Comunità Montana della Valle di Susa, il cui presidente è uno dei principali oppositori dell’opera.
Ma anche lui dice “Non penso che l’uranio e neppure l’asbesto rappresentino il motivo principale per non realizzare questo progetto” I rischi di estrazione dei minerali potrebbero essere eliminati con l’uso di ventilatori ad alta potenza.
Non c’è neppur il rischio che i camion che trasportano rocce e polvere attraversino i tranquilli paesi della valle, si è concordato che il materiale di risulta sarà trasportato sull’autostrada. Quindi qual è il problema?
Questo è uno strano conflitto, nel quale i ruoli usuali sono capovolti: i sognatori (o i visionari, dipende dal punto di vista) sono i fautori del progetto. Mentre gli oppositori, inclusa una buona fetta di anarchici ed ambientalisti, sono quelli che discutono di copertura finanziaria ed oculatezza fiscale.
Le due parti non sono d’accordo sul vantaggio del progetto, un riequilibrio a lungo termine delle emissioni di carbonio.
Ma , dice Lele Rizzo “Mentre il Movimento NO TAV è iniziato come una protesta ambientalista, devo dire che oggi è diventata prioritaria la questione economica. Il tunnel sarebbe uno spreco totale di soldi pubblici. La linea ferroviaria esistente potrebbe sostenere ogni possibile aumento di traffico. Il progetto continua ad essere basato su proiezioni fatte 20 anni fa”.
Un documento prodotto dal Governo per sostenere il progetto controbatte che ridurrà il tempo di percorrenza tra Parigi e Milano da sette a quattro ore, porterà un “aumento significativo nel volume del traffico merci” e dimezzerà il costo del trasporto merci via ferrovia. Potrebbe anche portare ad una “considerevole riduzione nel numero di camion sulle strade nel fragile ambiente alpino”
Ma queste ed altre asserzioni non possono essere verificate, dal momento che il Governo Italiano non ha mai pubblicato un’analisi dei costi-benefici. Virano sostiene che il suo organismo ne ha completata una, ma sta aspettando che sia ufficialmente resa pubblica dal ministero di competenza a Roma
Sostiene che il risultato, utilizzando lo scenario macro-economico centrale dell’Unione Europea, è stato “molto positivo” dal punto di vista ambientale e “leggermente positivo” dal punto di vista finanziario.
Ma i fautori del tunnel dicono che proiezioni basate solo sulla situazione e sui dati odierni non colgono il punto essenziale: il “tunnel della Manica italiano” è destinato a creare una sua propria, nuova realtà.
Virano addita l’esperienza della Svizzera, che ha raddoppiato il suo traffico su rotaia scavando tunnel nelle Alpi. Ed ancora più importante, forse, il TAV è fondamentale per una visione
dell’Europa creata a Bruxelles, dove Monti ha trascorso circa 10 anni come commissario Europeo.
La Valle di Susa fa parte del corridoio Europeo che, prima che il Portogallo si tirasse fuori, avrebbe dovuto estendersi dall’Atlantico al confine dell’Ucraina. Connettendo Torino a Lyon, inoltre, si collegherebbero le due città più grandi in una regione che gli Eurocrati hanno soprannominato AlpMed.
Che questa regione abbia un senso di esistere è discutibile: sul lato italiano, la A32 è quasi interamente deserta: abbiamo condiviso con meno di 20 altre auto il viaggio dal suo inizio fino all’ultima uscita prima del confine francese.
Ma fate queste obiezioni a Virano e lui vi darà una mappa che sembra indicare le odierne linee ferroviarie principali in Italia. Invece è la mappa disegnata nel 1864 dal Conte di Cavour, uno degli architetti dell’unificazione nazionale. “Se Cavour avesse considerato solo le relazioni commerciali tra le diverse città non avrebbe mai inserito queste linee: alcune si trovano in Paesi che in quel tempo erano in guerra” – dice Virano.
L’ingegneria, in poche parole, può fare diventare i sogni realtà. Ed in questo caso, potrebbe proprio essere costretta a farlo. Gran parte dei lavori sul lato francese sono già stati realizzati e se l’Italia dovesse ritirarsi, dicono i funzionari, dovrebbe fare fronte ad un conto danni di almeno 1 miliardo di euro (820 milioni di sterline)
John Hooper for The Guardian, part of the Guardian Environment Network
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