Questa è una dettagliata valutazione di impatto ambientale redatta da qualificati tecnici: Marina Clerico, Politecnico di Torino; Luca Giunti, Commissione Tecnica della Comunità Montana; Luca Mercalli, SMI-Società Meteorologica Italiana; Marco Ponti, Politecnico di Milano; Angelo Tartaglia, Politecnico di Torino; Sergio Ulgiati, Università Parthenope di Napoli; Massimo Zucchetti, Politecnico di Torino.
Conclusioni
Recentemente, per la NLTL, un progetto ridimensionato è stato presentato dal governo italiano [37]. Le evidenti incongruenze del progetto originario hanno portato a questo tentativo di revisione, con un costo pari a un terzo di quello originale, e limitando l’intervento al solo scavo del tunnel di base, vale a dire senza alcun miglioramento della linea esistente fuori di esso (“soluzione a basso costo – low cost”).
In pratica, questo rende il risparmio di tempo globale molto basso, eliminando ogni possibile rilevanza per il traffico passeggeri. Nessuna analisi è stata ancora presentata, ma di sicuro questo ridimensionamento è la conseguenza dell’opposizione locale, della mancanza di fondi pubblici, e del diffuso scetticismo del mondo accademico. Di sicuro, tutti gli impatti rilevanti saranno proporzionalmente ridotti, anche se questo non rende la spesa più giustificata.
Un calcolo effettivo deve tenere in conto dell’intero costo del progetto: o altrimenti, un progetto limitato al solo tunnel di base è privo di senso.
Può l’opposizione contro il TAV essere definita come “contro il progresso”? I risultati suggeriscono il contrario. Il progresso e il benessere non devono essere confusi con la crescita infinita. Il territorio in Italia è angusto e molto popolato. Le risorse naturali (acqua, suolo agricolo, foreste, materie prime) sono limitate.
L’inquinamento e la produzione di rifiuti sono in aumento. Le forniture energetiche fossili stanno volgendo al termine.
Progresso vuol dire comprendere che esistono limiti fisici alla nostra smania di costruire e di trasformare la faccia del pianeta.
Progresso vuol dire ottimizzare, aumentando l’efficienza e la durata nel tempo delle infrastrutture già esistenti e dell’ambiente costruito, tagliare il superfluo e investire in crescita intellettuale e culturale più che materiale, utilizzando le menti più che i muscoli.
Il progetto del TAV Torino-Lione rappresenta l’esatto contrario di questa idea: lo spreco di risorse senza alcun beneficio.
1. Riassunto.
Uno dei casi più noti di lotta per i beni comuni in Italia, caratterizzati da aspre polemiche nel corso degli ultimi 20 anni, è l’opposizione popolare alla costruzione della linea ferroviaria ad Alta Velocità (HSR, “TAV”, in italiano) tra Torino e Lione, progettato per attraversare la Valle di Susa (al confine italiano-francese) e le Alpi. Questo progetto HSR comporta ancora, nonostante i 20 anni di continuo aggiornamento e di rielaborazione, una grande quantità di questioni ambientali e di problemi economici irrisolti. Una questione di insufficiente equilibrio costi-benefici è recentemente venuta a prove evidenti, soprattutto in vista della diminuzione del traffico non trascurabile dei passeggeri e delle merci nella direzione Torino-Lione. Vengono discussi gli aspetti più importanti riguardanti il bilancio costi e benefici economici dichiarati, considerazioni energetiche, vincoli legali, di impatto ambientale, il potenziale impatto sulla salute e le esperienze negative di altri progetti.
Introduzione.
La Val di Susa situata tra Maurienne, la Francia e Torino, è stata urbanizzata dallo sviluppo economico della regione. La costruzione di infrastrutture, come l’autostrada del Fréjus, una ferrovia internazionale e un gran numero di dighe, gallerie e industrie, ha generato impatti ambientali e sociali significativi. La linea ferroviaria ad alta velocità proposta (Treno Alta Velocità o TAV) tra Torino e Lione dovrebbe attraversare la Valle di Susa, attraverso due tunnel principali e altri più brevi oltralpe. Il movimento “No TAV” è un movimento di base della popolazione della Val di Susa contro la nuova costruzione della linea. L’Alta Velocità ferroviaria Torino-Lione (HSR), in Val di Susa, è stata a lungo circondata da aspre polemiche sugli aspetti più significativi e tecnici del progetto proposto. Il progetto HSR comporta, dopo più di venti anni di faticoso e continua riprogettazione, un gran numero di questioni ambientali ancora irrisolte. I principali problemi di inquinamento aventi a che fare con la costruzione della ferrovia sono stati messi in evidenza da diversi studi e relazioni ufficiali. Ad esempio, la presenza in Valle di Susa di formazioni geologiche con amianto e uranio è di particolare interesse, anche in considerazione della destinazione finale dell’inerte estratto [1]. Aspetti legati alla idrogeologia locale e le sue perturbazioni, ed al rumore, sono anche di grande preoccupazione [2].
Il bilancio costi-benefici insufficiente, soprattutto in considerazione della notevole diminuzione del traffico passeggeri e merci lungo la direzione Torino-Lione [3], è venuto in evidenza quando il governo francese (a partire da luglio 2012) ha annunciato una revisione della spesa che potrebbe fermare la costruzione del HSR Torino – Lione e altre linee sul versante francese [4] .
In ultimo, ma non meno importante, il concetto stesso di questo tipo di investimento è in fase di profonda revisione, dal momento che l’enorme quantità di denaro pubblico investito o pianificato a sostegno di tale sviluppo non sembra essere giustificata da benefici economici sufficienti associati all’investimento [5]. In altre parole, non è solo un sequestro e degrado ambientale che sta per avere luogo, ma non c’è anche alcun vantaggio in termini economici, ad eccezione probabilmente per le aziende coinvolte nel settore delle costruzioni e, più probabilmente, per il sistema bancario.
Tornando alle questioni tecniche, riteniamo che il solito ricorso al principio di precauzione [6,7] nel caso del progetto HSR non sia nemmeno necessario. I dati economici, considerazioni energetiche, questioni giuridiche, l’impatto ambientale, il potenziale impatto sulla salute, le esperienze negative di altri progetti, e soprattutto il buon senso, suggeriscono che l’alta velocità ferroviaria Torino-Lione non sia una priorità reale per l’Italia e l’Europa, e la sua costruzione deve essere immediatamente sospesa.
2. Materiali e Metodi
2.1 La Valle di Susa. Natura e storia.
La Valle di Susa si trova nell’Italia del Nord-ovest al confine con la Francia, da cui è separata dalle Alpi, alte 3600 metri. E’ la più ampia valle nelle Alpi Occidentali: infatti, è un corridoio naturale che si estende da est a ovest. I due lati della valle beneficiano di esposizione al sole diversa e questo li rende molto diversi l’uno dall’altro. Il lato sinistro è secco, mentre il lato destro è umido, ombroso e freddo. L’ambiente naturale, e in particolare la flora, sono profondamente colpiti da questa peculiarità, risultando in una valle estremamente diversi. In particolare, la Valle di Susa è definita come un sito di importanza comunitaria (SIC) secondo la cosiddetta “Direttiva Habitat” (92/43/CEE), nell’ambito della rete Natura 2000. Il fiume Dora Riparia attraversa la valle e ci sono abbondanti sorgenti e falde acquifere superficiali. Ampi pascoli si trovano nella parte alta della valle mentre, a quote più basse (1300-1800 metri), è possibile trovare crepacci ripidi. La Val di Susa è tra le vallate alpine più sviluppate dal punto di vista economico e infrastrutturale. E’ attraversata da due strade statali verso i valichi del Monginevro e Moncenisio. Inoltre, un’autostrada e una ferrovia internazionale permettono di raggiungere la Francia attraverso il traforo del Fréjus. La Valle ospita tre dighe idroelettriche ed è attraversata da due linee elettriche. Molte località turistiche e sportive rendono la valle un’attrazione turistica (è stata anche alla base delle Olimpiadi invernali del 2006). Ci sono molte industrie, comprese quelle minerarie, e molte strade militari costruite nei secoli precedenti, che sono attualmente dei percorsi turistici internazionali per escursionisti e ciclisti.
La valle Susa ha circa 90.000 abitanti, ed è divisa in 39 Comuni. C’è un turismo consolidato, come è evidente dalla presenza di “seconde case”, alberghi e traffico autostradale. Nonostante la presenza umana pesante, la Valle di Susa offre un’ampia scelta di aree semi- naturali e selvagge, che ospitano molti esempi di fauna alpina (cervi, camosci, caprioli, cinghiali, aquile, falchi, pernici e lupi), e una ricca diversità di specie di fiori: ci sono quattro parchi naturali, due riserve naturali e molte aree di interesse europeo. Bestiame per l’allevamento, che è stato molto intenso fino alla fine della seconda guerra mondiale e successivamente è diminuito, è ora in una nuova fase di crescita seppur lenta, e si compone di circa 8000 bovini, 12000 ovini e 800 caprini.
2.2 La nuova linea ferroviaria Torino-Lione .
Nel 2005 la linea HSR Roma-Napoli è entrata in funzione, prima in Italia, seguita dalla linea Milano-Torino nel 2006, la linea Milano-Bologna nel 2008, la Bologna-Firenze e un miglioramento tecnologico ad alta velocità Firenze-Roma nel 2009. Ulteriori estensioni di linea (fra le altre linee minori, la Napoli-Salerno) hanno completato la prima rete ad alta velocità italiana negli anni successivi fino al 2011. La linea Salerno- Milano fa parte del corridoio transeuropeo ad alta velocità Nord-Sud, mentre la Milano-Torino-Lione è stata progettata per essere parte di un progetto più ambizioso dal confine tra Ungheria e Ucraina e Lisbona (Portogallo). Il progetto, escluso dall’Unione europea tra i progetti prioritari ad alta velocità, ha perso potenziali partner sulla strada (Spagna, Portogallo, Ungheria, Slovenia) a causa degli ingenti investimenti finanziari necessari, le previsioni a basso traffico, e il basso ritorno economico atteso. Di conseguenza, è diventato un progetto bilaterale Francia-Italia, ancora in discussione e in attesa di approvazione definitiva e ulteriori finanziamenti. Il suo completamento richiede una nuova galleria a doppia canna lunga 57 chilometri e altri lavori ferroviari per il collegamento alla rete esistente. L’intera linea Torino-Lione sarebbe di circa 270 km lungo tutta la Valle di Susa (Nord Italia): è nato un acceso dibattito di opposizione da parte della popolazione locale per oltre 20 anni (e ancora in corso). I sostenitori della NLTL affermano essere essa in grado di trasferire grandi frazioni di traffico merci dalla strada alla ferrovia, con conseguenti vantaggi ambientali. L’analisi costi-benefici governativa [9] sostiene che entro il 2035 circa 39,9 Mton/anno di merci saranno trasportate attraverso la nuova linea attraverso le valli di Susa e della Maurienne, merci che rappresentano circa il 55% del traffico merci totale. Tale ammontare si traduce in uno scambio di merci dieci volte superiore rispetto al 2010, in contrasto con l’attuale tendenza a ridurre il traffico commerciale tra Italia e Francia [8]. Un residuo 45% del traffico (1,6 volte il traffico 2010) avrebbe dovuto essere trasferito via strada dai mezzi pesanti attraverso il tunnel del Monte Bianco, che si traduce in circa 2 milioni di veicoli, circa 800.000 veicoli in più rispetto a quelli circolanti nel 2010. Non una diminuzione del traffico stradale, in effetti, ma una potenziale riduzione del previsto aumento [8] .
2.3 Analisi economica costi-benefici
Le stime circa gli investimenti necessari e i benefici attesi sono state molto incerte fino a poco tempo fa (giugno 2012) quando un’analisi costi-benefici governativa è stata finalmente presentata [9] e pubblicata. L’investimento previsto era così grande che un piano B è stato messo avanti: invece di una linea di 270 km tra Torino-Lione è stata proposta una soluzione più economica (solo 57 km di tunnel di base e collegamenti alla linea già esistente), che si tradurrebbe in un 60% di abbattimento dei costi. Stime economiche sono sempre stata incerte e soggette a crescita esponenziale a causa dei costi reali e delle conseguenze della criminalità organizzata e della corruzione. Ciò si è verificato durante la costruzione della linea ad Alta Velocità ferroviaria Milano-Salerno, come chiaramente evidenziato dalla Corte dei conti italiana, dai risultati di un audit pubblico effettuato da un comitato speciale del Parlamento italiano [10] e da altri studi accademici [11]. Alcune di queste fonti hanno fortemente messo in dubbio la validità dell’investimento HSR e la possibilità di un ritorno sul capitale investito.
2.4 I costi ambientali ed energetici
Un confronto tra le diverse modalità di trasporto è presentato, sulla base, tra gli altri, della letteratura pubblicata [13-20] e delle precedenti valutazioni effettuate dagli Autori, riferendosi alla Napoli – Milano HSR come caso di studio [8,16]. In particolare, le seguenti categorie di impatto ambientale vengono confrontati: l’esaurimento delle risorse abiotiche, Cumulative Energy Demand, le emissioni di CO2 ( Global Warming), le emissioni di SO2 (acidificazione).
Tre modalità di trasporto passeggeri (strada auto, treno intercity e treni ad alta velocità) e tre modalità di trasporto merci (autocarri pesanti di trasporto, regolari treni merci, e un uso ipotetico di capacità elevata/ treno merci ad alta velocità) vengono confrontati.
Tutti gli impatti calcolati si riferiscono alle unità funzionali di 1 p – km e 1 t – km, rispettivamente per passeggeri e merci.
Altri tipi di impatti (estrazione di materiali radioattivi e di amianto e rischio idrogeologico) vengono valutati anche sulla base delle informazioni specifiche del sito Val Susa.
3. Risultati principali
3.1 Valutazioni economiche costi-benefici
Per quanto riguarda il trasporto, il problema centrale è che il trasporto merci su rotaia in Italia avviene a una velocità media di 19 chilometri all’ora [3], visto che i treni sono spesso deviati e parcheggiati nelle stazioni di transito, per fornire priorità ai treni passeggeri. Questo è il principale ostacolo su cui lavorare per migliorare la situazione. E’ un controsenso che le materie prime debbano arrivare dalla Francia a una velocità di 150 chilometri all’ora e poi debbano fermarsi e trascorrere la maggior parte del loro tempo in una stazione di transito quando arrivano in Italia.
Per quanto riguarda i passeggeri, ha senso parlare di Alta Velocità quando i tragitti sono più lunghi di 250-300 km. In Italia, se guardiamo da vicino le statistiche dei trasporti ferroviari [3,7], possiamo vedere che l’80% della domanda di trasporto passeggeri è per viaggi brevi, di meno di 100 km. E’ vero che i treni italiani sono sovraccarichi di passeggeri su alcune rotte, ma solo poche persone vanno da un capo all’altro del paese, traendo reale vantaggio dell’alta velocità (anche in considerazione dell’offerta crescente di tariffe aeree a basso costo, in competizione con prezzi elevati dei biglietti HSR).
Per quanto riguarda la NLTL, costi e stime ufficiali devono riferirsi a tutta la linea (270 km), non solo per il tunnel di base (57 km). Gli investimenti previsti sono di circa 26 miliardi di euro, ma l’esperienza precedente mostra che le previsioni risultano molto inferiori ai costi reali finali. Il TAV Milano-Salerno, già costruito, è costato tre volte di più rispetto alle previsioni [12]; i benefici per i passeggeri a lunga distanza in termini di tempo risparmiato non possono essere ignorati, ma sono controbilanciati da tariffe molto più alte e dall’enorme costo dell’investimento globale. Una valutazione costi-benefici ex post pubblicata da Beria e Grimaldi [11] nel 2011 mostra che anche i prezzi alti dei biglietti sulla linea TAV Milano-Salerno non ripagano l’investimento a lungo termine e i costi operativi. L’attuazione della Torino-Lione sarebbe probabilmente anche peggio, dato che il numero previsto di passeggeri è molto basso: la linea dovrà pertanto essere utilizzata essenzialmente per il trasporto di merci, una modalità che è stata in calo negli ultimi 10 anni [3] e che sembra avere prospettive di crescita limitate, a causa della futura concorrenza del nuovo tunnel del Gottardo attraverso il confine Italia-Svizzera, che prevede di attirare la maggior parte del traffico in direzione Nord-Sud. Inoltre, la linea esistente, recentemente ristrutturata e migliorata, può trasportare fino a 20 milioni di tonnellate [3], una capacità che è molto lontana dall’essere satura nel breve – medio termine: ora, siamo a meno di un decimo di quella capacità.
Per quanto riguarda i costi di costruzione e di funzionamento, all’inizio è stato stimato che l’intera rete ad alta velocità italiana (e non solo il progetto HSR Torino-Lione) ripagherebbe il 60% dei suoi costi. Poi questa stima è diminuita fino al 40% e, infine, si è stabilito che il 40% non include i costi per i “nodi” vicini alle città, molto costosi. Secondo simulazioni [7], la stima finale è di circa 20%. Per quanto riguarda la NLTL, anche il 20% probabilmente non sarà raggiunto (nessuna seria analisi finanziaria è comunque ancora disponibile), e lo Stato dovrebbe coprire praticamente il 100% dei costi. La Torino-Lione è quindi un monumento alla dissipazione: costerà 2 o 3 volte le spese stimate per il sempre rinviato ed ora annullato ponte sullo Stretto di Messina, del quale sarebbe altrettanto inutile.
Per quanto riguarda il preteso “ritorno” sull’occupazione, occorre dire che al giorno d’oggi i grandi progetti hanno un effetto moltiplicatore modesto: i lavoratori manuali non sono impiegati come erano nel 1800, e il numero di occupati nei lavori del TAV verrebbe pagato a prezzo carissimo rispetto ad esempio ad altre opere pubbliche di maggiore utilità. Inoltre, il valore turistico ben noto del paesaggio italiano (con il previsto aumento di visitatori provenienti da paesi poco sviluppati) dovrebbe impedire di attuare ulteriori infrastrutture degradanti il paesaggio, consigliando modi molto migliori per investire il denaro pubblico e privato, per un maggiore ritorno in termini di ricavi e di posti di lavoro.
3.2 Ambiente ed Energia
Valutare i costi dei materiali e dell’energia, nonché i flussi delle emissioni inquinanti per la costruzione e l’esercizio della ferrovia ad alta velocità italiana non è un compito facile a causa della mancanza di dati trasparenti che circonda l’intero processo. Sarebbe molto utile (e rientrerebbe nei diritti dei cittadini di essere adeguatamente informati in base alla convenzione di Aarhus, http://www.unece.org/env/pp/introduction.html), vedere attuata una valutazione del ciclo completo di vita (LCA = Life Cycle Assessment) dell’intero progetto (costruzione delle infrastrutture e fase operativa) da un team di esperti terzi. I risultati delle valutazioni ambientali sono molto sensibili a fattori quali utenza (fattore di carico), mix elettrico di un paese, reale utilizzo da parte dei passeggeri e traffico merci (molto incerto al momento), ripartizione dei costi di infrastruttura fra trasporto passeggeri e merci, aspetti specifici del sito. Di conseguenza, tutti gli studi e le stime effettuate finora sono ricche di incertezze e dipendono su ipotesi talvolta arbitrarie. Abbiamo personalmente identificato l’esistenza di ipotesi molto arbitrarie negli studi di valutazione di LCA e di impatto svolte basandosi su software commerciale come pure nei rapporti ufficiali pubblicati a sostegno della NLTL.
Tuttavia, gli studi scientifici pubblicati [11-16] possono consentire almeno un stima cautelativa degli impatti (Tabelle 1 e 2 ).
Le tabelle si basano sui valori medi (basati su stime e rapporti pubblicati ) dei materiali e flussi di energia per la costruzione e il funzionamento del TAV Napoli – Milano [16,17]; i risultati sono stati confrontati con la letteratura pubblicata a livello internazionale, tenendo in debito conto la variabilità di utenza e mix elettrico. Il trasporto ferroviario ad alta velocità mostra sempre la peggiore performance rispetto alla ferrovia ordinaria e all’auto nel trasporto extraurbano, fatta eccezione per la categorie di impatto cumulativo della domanda di energia e le emissioni di CO2, dove le prestazioni del trasporto con auto sono le peggiori.
Altre previsioni sulle emissioni di CO2 sono state fatte da istituti di ricerca internazionali. Il tedesco MVV Consulting [18] ha stimato circa 31,5 g CO2/p-km per l’HSR italiano nel 2009, con proiezioni di un ulteriore calo a 22,5 g CO2/p-km nel 2020, a causa del previsto aumento del traffico passeggeri. Mentre Federici et al [16] hanno calcolato 48 g CO2/p-km, sulla base di un fattore di carico di circa il 60 % dei posti disponibili, Chester e Horvath (2009; http://www.sustainable-transportation.com) hanno stimato 80 g CO2/p-km per il 90 % di occupazione posti a sedere e fino a 700 g CO2/p-km per un tasso di occupazione del 10 % più basso. In California, infine, Preston [19] ha esaminato un certo numero di relazioni pubbliche e private circa il trasporto ferroviario ad alta velocità in Giappone, Francia, Spagna e Germania, e ha riportato valori medi di 0,5 MJ/p – km per ferrovia Intercity (fattore di carico del 44%), 1,08 MJ/p – km per HSR ( fattore di carico del 49% ) e 0.94 MJ / p – km per il traffico auto stradale (fattore di carico del 36%). I valori di Preston non includono i costi energetici delle infrastrutture (a differenza delle tabelle 1 e 2), che Preston riconosce nel suo lavoro facendo riferimento a Chester e Horvath [13]: stime che allocano i costi energetici delle infrastrutture per quanto riguarda le emissioni di autostrade, ferrovia e aereo in percentuali rispettivamente del 63%, 155% e 31% .
4. Discussione.
Una delle principali giustificazioni ambientali dei progetti TAV – HSR è il trasferimento di merci e passeggeri dalla strada alla modalità ferroviaria, con conseguente riduzione dei gas serra e altri inquinanti rilasciati dai motori di camion. I sostenitori del HSR propongono, come principali giustificazioni ecologiche dei progetti TAV, il risparmio energetico e l’attesa riduzione delle emissioni inquinanti, associato allo spostamento di una frazione di traffico merci e passeggeri dall’autostrada (con camion e auto private a benzina e gasolio) al traffico ferroviario mosso da elettricità. Questo risultato, sebbene corretto in linea di principio, non può essere dato per scontato, e dipende fortemente non solo sul consumo diretto di energia elettrica e combustibili, ma anche dall’investimento energetico per la costruzione di infrastrutture, compresa l’energia incorporata nei materiali e loro gestione necessarie e manutenzione. Nel caso di un progetto di infrastruttura grande, come HSR, questo è un requisito particolarmente importante per una attenta analisi del ciclo di vita del progetto. Il trasporto ferroviario, meno versatile rispetto al trasporto su strada, può provocare meno inquinamento, ma solo se si va ad utilizzare o migliorare una rete esistente. Se costruiamo una nuova linea di circa 70 chilometri di tunnel, 10-20 anni di lavori di costruzione, decine di migliaia di viaggi di camion, materiali di scavo da smaltire, trivelle, migliaia di tonnellate di ferro e cemento, pesanti interferenze con il regime idrogeologico, per citare solo alcuni aspetti, nonché l’energia necessaria per tenerlo in funzione, il consumo di materie prime e di energia e le relative emissioni sono così elevati da inficiare interamente il vantaggio rivendicato dall’ipotetico trasferimento parziale del traffico merci dalla strada alla ferrovia [13,16,17]. Il minor inquinamento del treno non è confermato in casi reali, e molto dipende dagli investimenti necessari nel settore energetico per le infrastrutture, compresa l’energia incorporata nei materiali e la necessaria gestione e manutenzione per l’intero ciclo di vita delle infrastrutture. L’utenza è di fondamentale importanza: in presenza di una piccola utenza o diminuendo il traffico, l’investimento per unità di passeggeri e merci trasportate non potrebbe mai essere competitivo con altre modalità di trasporto (o con una domanda di trasporto in diminuzione e dominata dal trasporto locale, quando tale opzione esiste). Nel caso di un progetto di infrastruttura grande, come la linea Lione-Torino tra Francia e Italia, i costi energetici e ambientali richiedono una particolare attenzione e un’attenta analisi dei flussi di energia e materiali coinvolti durante l’intero ciclo di vita del progetto.
L’impatto ambientale di ogni nuovo progetto di costruzione è sempre rilevante: un progetto può essere giustificato, tuttavia, se la sua utilità compensa l’onere ambientale da costruzione e da funzionamento. Visti i seri dubbi sulla sua utilità dato il calo del traffico merci, il progetto HSR corre il rischio che il trasferimento del traffico dalla strada alla ferrovia non si verificherebbe nella realtà, o sarebbe molto basso, e quindi i benefici nella riduzione dell’impatto ambientale sarebbero irrilevanti. Il progetto prevede quattordici treni al giorno, mentre la capacità della linea è di 250 convogli. Il traffico merci sulle linee ferroviarie è in declino in tutta Europa, con pochissime eccezioni. Anche in Francia, il traffico ferroviario è in declino perché ultimamente le produzioni di merci, tradizionalmente lontano dalle materie prime, trasportate per ferrovia come mattoni, legno e carbone, sono diventate di minor importanza nell’economia generale. Sarebbe molto meglio dal punto di vista ambientale investire in tecnologie che siano meno costose, in modo da affrontare – eventualmente – aumenti nella domanda qualora si verifichino. Ma è un fatto che la de-materializzazione delle tecnologie, la saturazione di infrastrutture e di costruzioni, la delocalizzazione in altri paesi dell’industria pesante rendono per paesi come l’Italia e la Francia il trasporto di merci una questione superata.
4.1 Analisi energetica dettagliata costi-benefici
Gli indicatori di intensità energetica per la costruzione e il funzionamento di infrastrutture di trasporto, elencati nella Tabella 1 per il traffico passeggeri e nella Tabella 2 per il traffico merci, mostrano chiaramente un dispendio energetico molto più elevato del TAV – HSR rispetto alla ferrovia Intercity per quanto riguarda il traffico passeggeri. L’uso ipotetico del HSR per il trasporto merci è anche ad elevato dispendio energetico, sia rispetto ai normali treni merci che al trasporto con camion. Solo il trasporto di passeggeri per auto è più costoso energeticamente di qualsiasi altra modalità. Come già sottolineato, i risultati possono dipendere da una varietà di fattori, tra cui le ipotesi di carico del veicolo, il mix energetico dal quale è tratta la potenza elettrica, eccetera. I valori di intensità energetica sono influenzati in una certa misura dall’utenza: un maggiore uso può diminuire l’incidenza dei costi di infrastruttura, in quanto quest’ultima sarebbe destinata ad una quantità molto maggiore di merci trasportate. Vi sarebbe, tuttavia, un aumento dei costi energetici operativi, a causa di un aumento proporzionale di uso di energia.
Le valutazioni effettuate in [16,17] sono basate sugli attuali fattori di carico da statistiche ufficiali. Un traffico inferiore a quello utilizzato avrebbe solo l’effetto di aumentare i costi di trasporto unitari e delle emissioni specifiche. Le rivendicazioni dei proponenti il TAV prevedono l’aumento del traffico nei prossimi 30-50 anni, dato che non è supportato dagli attuali dati di tendenza. Tra l’altro, l’attuale offerta da parte delle imprese ferroviarie italiane (FS e NTV) è verso il miglioramento del comfort per una categoria limitata di utenti, con circa il 40% di diminuzione del numero di posti a sedere. Diminuendo l’utenza, questo influisce negativamente sui costi energetici e ambientali.
Occorre notare dalle tabelle 1 e 2 che la domanda di energia cumulativa per Intercity e HSR (caso trasporto di passeggeri) è rispettivamente del 59% e del 23% inferiore a quello per i veicoli stradali, mentre è vero il contrario per il trasporto merci (rispettivamente 2 e 2,4 volte superiore per IC e HSR rispetto all’autotrasporto), a causa di fattori di carico più elevati per i camion rispetto ai vagoni ferroviari.
In ultimo, ma non meno importante, Spiellman et al [20 ], Università di Zurigo, nel loro studio sul trasporto ad alta velocità in Svizzera, prevedono un aumento della domanda di energia e delle emissioni dovute all’effetto rimbalzo (paradosso di Jevons): la maggiore efficienza nell’uso del tempo e la distanza più lunga percorribile nella stessa frazione di tempo assegnato al viaggio, alla fine aumentano il numero di viaggi e treni sulla stessa rotta, causando in tal modo un maggior consumo mondiale di energia e una crescita delle emissioni di CO2. Risultati simili sono stati confermati per il trasporto merci Italiano, da Ruzzenenti e altri [21] e da Ruzzenenti e Basosi [22].
4.2 Le emissioni di anidride carbonica
La modalità ferroviaria per il trasporto è da alcuni rivendicata essere “carbon free” o, almeno, a minore intensità di carbonio. E’ certamente vero che un treno non rilascia direttamente alcuna CO2 durante il suo funzionamento. Tuttavia, la costruzione delle infrastrutture (scavi, binari, viadotti, cemento per le pareti del tunnel di rinforzo, linee elettriche, etc.) e dei veicoli, le operazioni di manutenzione, e la fornitura di energia elettrica tutte richiedono enormi quantità di energia che si trovano ad essere prodotte in Italia principalmente con combustibili fossili. Considerando l’incremento non lineare del consumo di energia di un veicolo in marcia, fino a più di 3-4 volte quando la velocità aumenta da 100 a 300 km/h [24], a causa della perdita di energia cinetica per la resistenza aerodinamica, considerando anche l’esigenza per le più massicce e sofisticate strutture del TAV di maggior materiale ed energia per fabbricarle in confronto con treni IC regolari, e, infine, considerando il numero di passeggeri molto più basso per ogni viaggio, le emissioni di CO2 per p-km e t-km escono ad essere superiori di oltre il 30 % per il TAV rispetto al treno IC (Tabelle 1 e 2), e possibilmente anche superiori al trasporto autostradale nei momenti di maggiore flessione del traffico lungo il corridoio Torino-Lione. Costi ed emissioni energetici infrastrutturali rappresentano circa il 40-45 % del totale ciclo di vita [14,16], a seconda del mix elettrico della nazione in cui si trovano a consumare energia.
I calcoli di valutazione dei costi-benefici del governo italiano [23] sottolineano – per l’intero e non ancora esistente Corridoio 5 della UE – una riduzione annua delle emissioni di CO2 pari a 3 milioni di tonnellate/anno, evitate entro l’anno 2055 con un rilascio netto fino al 2038, anno in cui il previsto (anche se non supportato da nessuno dei presenti dati di traffico reale) aumento del traffico e dei risparmi correlati in materia di trasporti su strada dovrebbero compensare le emissioni associate alle infrastrutture e al funzionamento del TAV. Per quanto sorprendente possa apparire, questi calcoli non includono le emissioni legate alla costruzione di infrastrutture, il che significa che circa il 40% del totale delle emissioni del ciclo di vita non sono rilevate, rendendo così il punto di pareggio (se presente) molto oltre rispetto all’anno rivendicato 2038.
L’autostrada del Fréjus in Val di Susa è attualmente utilizzata da circa 3300 grandi camion di trasporto al giorno. L’aumento previsto dai proponenti il TAV del traffico merci di dieci volte su ferrovia e di 1,6 volte tramite strada entro il 2035 [23] deve essere abbinato alla quasi certa decisione di implementare una soluzione più economica per il TAV, ovvero la sola la costruzione della galleria di base (57 km) e il suo collegamento alla vecchia linea: ciò significa che, considerando la capacità di quest’ultima (20 Mton/anno), ulteriori 19,9 Mton/anno dovranno fluire attraverso l’autostrada del Fréjus, invece di essere trasportati via ferrovia, per un totale quindi circa 52,3 Mton/anno su camion. Questo si traduce in 3.300.000 viaggi di camion all’anno, circa 2,75 volte il traffico stradale nel 2010, uno scenario da incubo sia per il consumo di energia e di CO2. che di altre emissioni inquinanti. In realtà, questi risultati mostrano che le previsioni di traffico utilizzate per sostenere la costruzione del TAV sono irrealistiche. Sembra dunque molto difficile sostenere la tesi che la costruzione del TAV Torino-Lione sarebbe coerente con i requisiti degli accordi sulle basse emissioni di carbonio in linea con il Protocollo di Kyoto.
La società italiana Trenitalia SpA ha indicato fino al 2008 non trascurabili risparmi di emissioni di CO2, utilizzando la ferrovia invece dei vettori stradali e aerei, sulla base di studi ENEA (Agenzia nazionale per l’energia): stime, a loro volta basate sul Consulting ODYSSEE Europea. Questi dati non possono attendibilmente includere l’alta velocità, che era fino al 2008 ai passi iniziali. Negli ultimi anni, Trenitalia ha indicato sui suoi biglietti ferroviari un nuovo riferimento: www.ecopassenger.org, che a sua volta fa riferimento a valutazioni del IFEU – Institut für Energie und Umwelt Forschung, Heidelberg, Germania (IFEU, 2010).
Lo studio IFEU include però solo le emissioni legate al consumo di energia elettrica diretta, calcolato con riferimento ai valori medi di otto paesi europei, non compresa l’Italia. Nessuna evidenza vi è nello studio dell’inclusione nel bilancio energetico della costruzione di infrastrutture.
Infine, il britannico Network Rail [24] stima che le emissioni di gas serra nel 2007 possono essere attribuite per l’80% alla circolazione dei treni, per il 18% alle infrastrutture e solo per l’1% per la produzione del treno, basato su una classe Eurostar 373 (che riflette la vita di asset relativamente lunghi e l’utilizzo intenso), calcolando i valori in g CO2eq per posto – km invece di p – km: il rapporto non tiene conto quindi dell’effettiva occupazione del posto a sedere.
4.3 Ulteriori impatti specifici del sito NLTL
La costruzione del TAV Torino-Lione comporta una serie di problemi ambientali supplementari, che sono stati evidenziati da diversi studi [1,3,16,25,26,27]. Particolarmente allarmante è che il tunnel previsto, che sarà lungo più di 100 chilometri (un doppio tunnel, 57 km ciascuno), attraverserà zone ad alta concentrazione di amianto e uranio.
Materiali di scavo radioattivi
Per quanto riguarda l’uranio, si prevede che una parte del materiale risultante dagli scavi sarà smaltito in due miniere a cielo aperto in Valsusa, Meana e Caprie [27] o in altre collocazioni equivalenti. Ciò implicherebbe la dispersione nell’ambiente di circa 3,3 109 Bq di radioattività, con problemi per l’acqua e probabile contaminazione del suolo. Grazie all’azione degli agenti meteorologici, alla risospensione, e al vento, una tale dispersione di inquinanti radioattivi esporrebbe la popolazione locale alle dosi collettive di diverse migliaia di Sv-persona [27]. Non si dà credito, data la grande quantità di materiale previsto, che possano avvenire smaltimenti come rifiuto pericoloso in maniera più controllata: questo renderebbe i costi dell’operazione insostenibili.
Per quanto riguarda lo scavo di gallerie in rocce contenenti anche uranio ad abbastanza bassa concentrazione, la principale fonte di esposizione a radiazioni è il radon (222Rn), un gas radioattivo, e i prodotti di decadimento del radon stesso. Il gas Radon è incolore, inodore e chimicamente inerte; è formato dal decadimento radioattivo di uranio nella roccia, suolo e acqua, ed ha una emivita di circa quattro giorni. Quando il radon subisce decadimento radioattivo, emette radiazioni ionizzanti in forma di particelle alfa. Essa genera anche prodotti di decadimento metallici di breve durata, come: 218Po, 214Pb, 214Bi, 214Po, 210Bi, 210Pb. La loro reattività chimica e le proprietà elettriche facilmente possono farli aderire alla polvere e ad altre micro e nano-particelle in aria. Queste particelle di polvere possono essere facilmente inalate e fissate alle mucose polmonari. Le radiazioni dovute al loro decadimento alla fine possono danneggiare le cellule nel polmone. Una notevole quantità di prove ha stabilito che l’esposizione prolungata ai prodotti di decadimento α – emettitori come il radon aumenta il rischio di cancro polmonare [1].
Misurazioni accurate di concentrazione sono obbligatorie per legge nei luoghi di lavoro, e, in alcuni casi, adeguate contromisure vanno intraprese. Il rispetto dei vincoli di dose deve essere dimostrato da misurazioni del gas e può essere verificato o previsto con valutazioni di dose tramite codici di calcolo. La dose ricevuta da un individuo che lavora per lo scavo della galleria di HSR può essere stimata, ad esempio, utilizzando il codice RESRAD – BUILD [1].
Le concentrazioni di radionuclidi naturali in Valle di Susa possono raggiungere livelli abbastanza alti in alcune località selezionate, per la presenza di numerose formazioni geologiche ricche di uranio, come anche testimoniato da alcune ex miniere-campione di uranio risalenti agli anni Cinquanta. Ad esempio, l’Agenzia Regionale per l’Ambiente del Piemonte, Italia (ARPA) arriva a misurare concentrazioni fino a 100 Bq/g nei campioni di roccia raccolti a Venaus (Val di Susa) [28] . Ci riferiamo però per i nostri calcoli a valori più moderati, lontani dai valori di picco di cui sopra. In particolare, la concentrazione media mondiale di U in rocce è stimata in 0025 Bq/g, mentre valori medi mondiali per altre specie radioattive naturali sono: 0,028 Bq/g (232Th) e 0,37 Bq/g (40K). Noi, qui, assumiamo una concentrazione pari a 0,0265 Bq/g, cioè circa 3.800 volte inferiore rispetto ai valori di picco di cui sopra. Questo valore è in accordo con le misurazioni effettuate dall’ARPA durante lo scavo di un tunnel di servizio, effettuato dalla AEM (Azienda Energetica Municipale), non lontano dal villaggio di Exilles in Val di Susa [29].
Secondo questi valori, la dose assorbita per i lavoratori, dovuta alla permanenza all’interno del tunnel supera la soglia massima (1 mSv/h) imposta dalla legge italiana [30] in assenza di ventilazione adeguata: in particolare, il valore della dose equivalente di circa 197 mSv anno senza ventilazione può essere ridotta a 1 mSv/h con un tasso di ricambio d’aria di 0,87 (litri/h), ovvero tutto il contenuto d’aria del tunnel deve essere completamente cambiato quasi ogni ora. Si tratta di un risultato sorprendente, considerando che abbiamo assunto una concentrazione abbastanza moderata di uranio, appena leggermente superiore alla media mondiale: in presenza di formazioni ricche di uranio, come realmente possono essere trovate in molti luoghi in Valsusa [31]; questi valori potrebbero venire moltiplicati fino a livelli tecnicamente insostenibili o dannosi per la salute.
Materiali di scavo e amianto
Per quanto riguarda l’amianto, i proponenti del TAV sostengono che circa 170.000 m3 di roccia con amianto – con ” concentrazioni rilevanti” [32] – si trovano fino e non oltre a 500 m nel tunnel di base. Quest’ipotesi può essere dimostrata come una grande sottostima del caso reale, di almeno un fattore 10. Prima di tutto, facciamo notare che “i livelli molto bassi” sono definiti in [32] come “quelli sotto una concentrazione del 5% di amianto nelle rocce incontrate durante lo scavo”, mentre il limite legale è di circa lo 0,1% in base alla legge italiana; quest’ultima vieta per l’amianto qualsiasi utilizzo a partire dal 1992 [33], dal momento che anche poche fibre possono causare gravi danni alla salute: se tale concentrazione soglia più appropriata viene assunta per l’amianto, allora l’importo stimato di rocce con amianto nel materiale di scavo sarebbe molto più alto di 170.000 m3, probabilmente dell’ordine del milione di metri cubi. Inoltre, nel 1995-1998 l’Università di Torino [34] ha effettuato studi in Val di Susa che dimostrano la presenza di crisotilo e tremolite, entrambi minerali di amianto. E’ importante sottolineare che lo studio è stato commissionato dalla Alpetunnel, la prima società responsabile della progettazione del tunnel. Le indagini più recenti condotte dai proponenti del TAV [32], che sostengono l’assenza di amianto sono invece assai discutibili. Le attività di campionamento sono state eseguite in punti in cui è stata prevista l’assenza di amianto: la struttura tettonica delle Alpi occidentali nella zona di Val di Susa è molto complessa, essendo state coinvolte in vari eventi geologici: di conseguenza, i risultati del campionamento sarebbero stati molto diversi nelle zone appena circostanti quelle dove sono stati svolti. Le indagini dell’Università di Siena hanno trovato fibre di amianto “con elevata tendenza alla defibrillazione” [34] in 20 su 39 campioni di roccia sottoposti ad esame prelevati dalla Val di Susa. Ulteriori studi [35], relativi alla presenza di vene di crisotilo, hanno individuato concentrazioni di amianto non trascurabili in molte rocce, quali la serpentinite, in Val Susa. Vene di tremolite sono comuni in piccole masse di scisti serpentinitiche nell’area piemontese, soprattutto nella parte superiore della Val Susa. Altre rocce sono potenzialmente ricche di amianto anche in altri contesti litologici, quali le peridotiti serpentinizzate del “Monte Musiné” in Val di Susa [36] e nel complesso ultrabasico di Lanzo tra Almese e Caselette in bassa Valle di Susa. Le stesse rocce formano le montagne sopra Chiusa San Michele, Sant’Ambrogio e Avigliana, i comuni compresi nel percorso dei percorsi internazionali e nazionali del TAV.
Rischio idrogeologico
Una valutazione dei rischi idrogeologici connessi con la costruzione del TAV Torino-Lione può essere riassunta come segue. Nel 2006, circa 30 sorgenti di acque superficiali sono stati individuate dai proponenti [36] lungo la vecchia versione del tracciato della linea ferroviaria (segmento nazionale), in molte località in Valle di Susa. La stessa situazione appare nei Comuni interessati dal segmento internazionale, dove il numero di fonti d’acqua e torrenti è abbastanza alto, con la complicazione che molti di loro sono utilizzati come fornitura di acqua potabile. Pertanto, due tipi di problemi emergono:
• L’attività di scavo può esaurire o deviare le falde lasciando la popolazione senza acqua
• Le fonti possono essere inquinate , l’acqua diventa imbevibile e inutilizzabile.
In presenza di un progetto di tunnel molto profondo quale quello attuale, i campionamenti non sono così facile a causa della profondità di alcuni siti e per la difficoltà di raggiungere i siti di campionamento superficiali situati in montagna. Solo per citare un esempio legato alla Valle di Susa, nel corso delle attività per la costruzione della centrale idroelettrica ”Pont Ventoux”, un gran numero di getti d’acqua ad alta pressione sono stati trovati durante lo scavo, insieme ad un lago sotterraneo di centinaia di migliaia di metri cubi. L’intercettazione di getti ad altissima pressione non può essere esclusa a priori durante gli scavi. Inoltre, il lago artificiale del Moncenisio, un serbatoio d’acqua 333 milioni di metri cubi a 2000 metri di altitudine, che riguarda la fornitura di centrali idroelettriche in Francia e in Italia, si trova nella zona.
4.4 Attendibilità delle valutazioni economiche costi-benefici: uno studio ex-post
Per concludere questa disamina, lo stesso studio di Preston a livello europeo [19] sottolinea che “i benefici dominanti sono il risparmio di tempo per gli utenti del TAV e le entrate monetarie nette per il settore ferroviario. Altri vantaggi, come la riduzione del sovraffollamento, i benefici di capacità ottenuti sulla rete ferroviaria convenzionale e su strade parallele e di riduzione delle emissioni di gas serra sono molto più piccole, ma sono positive”.
Questo autore sottolinea che i benefici sono stimati sulla base dell’esistenza di un aumento sostenuto di una forte domanda di servizi ferroviari passeggeri. Il rapporto di Preston avverte che i costi operativi e di manutenzione potrebbero essere coperti dai ricavi da traffico passeggeri, ma afferma anche che questi ultimi sono in grado di contribuire al più ad una piccola frazione dei costi di capitale, richiedendo così il sostegno finanziario pubblico non trascurabile. In conclusione, Preston afferma che “Le valutazioni di costi e benefici di progetti ferroviari ad alta velocità in Europa indicano che esse sono state affette da ingiustificato ottimismo e che i risultati reali tendono a suggerire rapporti benefici-costi molto inferiori a quelli che sono stati previsti in Gran Bretagna”.
5. Conclusioni
Recentemente, per la NLTL, è stato presentato un progetto ridimensionato dal governo italiano [37]. Le evidenti incongruenze del progetto originario hanno portato a questo tentativo di revisione, con un costo pari a un terzo di quello originale, e limitando l’intervento al solo scavo del tunnel di base, vale a dire senza alcun miglioramento della linea esistente fuori di esso (“soluzione a basso costo – low cost”). In pratica, questo rende il risparmio di tempo globale molto basso, eliminando ogni possibile rilevanza per il traffico passeggeri. Nessuna analisi è stata ancora presentata, ma di sicuro questo ridimensionamento è la conseguenza dell’opposizione locale, della mancanza di fondi pubblici e del diffuso scetticismo del mondo accademico. Di sicuro, tutti gli impatti rilevanti saranno proporzionalmente ridotti, anche se questo non rende la spesa più giustificata. Un calcolo effettivo deve tenere in conto dell’intero costo del progetto: o altrimenti, un progetto limitato al solo tunnel di base è privo di senso.
Può l’opposizione contro il TAV essere definita come “contro il progresso”? I risultati suggeriscono il contrario. Il progresso e il benessere non devono essere confusi con la crescita infinita. Il territorio in Italia è angusto e molto popolato. Le risorse naturali (acqua, suolo agricolo, foreste, materie prime) sono limitate. L’inquinamento e la produzione di rifiuti sono in aumento. Le forniture energetiche fossili stanno volgendo al termine. Progresso vuol dire comprendere che esistono limiti fisici alla nostra smania di costruire e di trasformare la faccia del pianeta. Progresso vuol dire ottimizzare, aumentando l’efficienza e la durata nel tempo delle infrastrutture già esistenti e dell’ambiente costruito, tagliare il superfluo e investire in crescita intellettuale e culturale più che materiale, utilizzando le menti più che i muscoli. Il progetto del TAV Torino-Lione rappresenta l’esatto contrario di questa idea: lo spreco di risorse senza alcun beneficio.
Bibliografia
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[3] Angelo Tartaglia, Quali dovrebbero essere i vantaggi del nuovo collegamento tra Torino e Lione?, http://areeweb.polito.it/eventi/TAVSalute/Articoli/Tartaglia.pdf
[4] See news report for instance: http://stophs2.org/news/5925-french-actions-affect-italy
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[23] Italian Government: collection of documents on the HSR question, 2012. See: http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/TAV/TAV_risposte_osservazioni_comunita_montana.pdf
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[28] ARPA Piemonte, 1997. Letter, October 9th 1997, prot. n. 3065, see http://www.ambientevalsusa.it/Images/uranio-amianto/arpa.jpg
[29] ARPA Piemonte Report, 1998. ARPA Piemonte, Dipartimento Subprovinciale di Ivrea, “Relazione tecnica sul problema della radioattività in Val di Susa”. Report n. 193/IR (1998); signed Giampaolo Ribaldi, 19.2.1998, rif. IR/49, prot. 1798. (in italian)
[30] Italian Law, 1995: Decreto Legislativo del Governo n° 230 del 17/03/1995, as modified by: D.Lgs. n°241 del 26/05/2000.
[31] M. Zucchetti, 2005. Consultant Report for The Association of villages of the Susa Valley (Comunità Montana della Val Susa e Val Sangone: CMVSS, www.cmvss.it), Politecnico di Torino Report, 2005. Available at: http://staff.polito.it/massimo.zucchetti/Seconda_Relazione.pdf
[32] Italian Law, 1992: Legge n. 257/92, available in Suppl. Ord. n. 64 alla Gazz. Uff. n. 87, Serie Generale, Parte Prima del 13.4.92.
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[37] F. Pasquali (ed.), “Osservatorio Collegamento Ferroviario Torino-Lione. Quaderno n.8. Analisi costi-benefici. Analisi Globale e ricadute sul territorio”, May 2012, available at: http://www.regione.piemonte.it/speciali/nuova_TorinoLione/dwd/quaderni/quaderno8.zip