Molti degli investimenti pubblici per infrastrutture c.d. “verdi” per fermare il cambiamento climatico sono di fatto grandi opere imposte alla maggioranza delle popolazioni, creando nuove iniquità sociali. I Diritti della Tecnica.
Le persone hanno difficoltà a giudicare il valore degli investimenti infrastrutturali e sono spinte dalla narrazione dei promotori a pensare positivo perché occorre “adeguarsi alla realtà”. Chi non si adegua e critica verrà punito, come prevedono le nuove leggi.
Crediamo che rileggere i ragionamenti della risposta popolare dal recente passato ai giorni nostri possa contribuire a creare un futuro più vivibile e aiutare a fermare l’inferno che si sta realizzando sotto i nostri occhi, contro il nostro volere, ma con i nostri denari: un’enorme quantità di investimenti infrastrutturali pubblici pensati e realizzati a livello planetario per contrastare il cambiamento climatico, la Torino-Lione, il BBT Tunnel del Brennero e il Ponte di Messina sono validi esempi.
Le opposizioni popolari alle Grandi Opere – che per il loro enorme costo sono spesso definite Tera Progetti – sono molto diffuse a livello planetario, la sofferenza delle popolazioni è enorme, inferiore solo alle guerre.
Il prof. Bent Flyvbjerg[1], specialista di Mega Progetti, ha stimato prudentemente che il valore delle Tera Opere nei settori in cui esse sono il modello (petrolio e gas, minerario, aerospaziale, difesa, ICT – Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, trasporti, mega eventi, ecc.) è di circa 6-9.000 miliardi di dollari all’anno, pari a circa l’otto per cento del PIL planetario.
All’inizio degli anni dieci del XXI secolo si sono consolidati rapporti di solidarietà e di convergenza tra le lotte e tra il 2011 e il 2016 otto Forum Internazionali contro le Grandi Opere Inutili e Imposte hanno riunito molti movimenti di lotta in Italia, Francia, Paesi Baschi, Tunisia, Germania, Romania per riflettere e opporsi alla devastazione delle Grandi Opere. Il primo si è svolto a Venaus-Bussoleno nel 2011.
E la data dell’8 dicembre, proposta dal Movimento No TAV, è celebrata ogni anno come la Giornata Internazionale di Lotta contro le Grandi Opere Inutili e Imposte. Nel 2o24 è la numero 15.
Tale dinamica ha generato due manifesti, che nulla hanno perso di attualità, e che vanno letti integralmente e diffusi per accrescere la convergenza e la forza delle lotte a livello nazionale e internazionale ai giorni nostri.
Il primo è la Carta di Hendaye del 23 gennaio 2010, qui uno stralcio:
Questa Dichiarazione è stata redatta da associazioni di diversi paesi (Francia, Spagna, Italia) che si battono contro i progetti TAV (Treno ad Alta Velocità) che si riuniscono oggi per unire le forze e fare ascoltare la propria voce.
In tutti questi paesi e regioni si sono costituite associazioni e movimenti contrari alla costruzione di nuove linee ferroviarie passeggeri ad AV e linee merci rapide ad alta capacità e di grandi dimensioni.
L’opposizione dovrà quindi superare il quadro locale e diventare europea, perché ritroviamo gli stessi problemi.
Ci rendiamo tutti conto che:
- questi progetti costituiscono per i territori attraversati un disastro ecologico, socio-economico e umano; la distruzione di aree naturali e terreni agricoli, nuovi corridoi di degrado e di inquinamento ambientale con rilevanti conseguenze negative per i residenti locali,
- questi progetti non tengono in considerazione la partecipazione delle popolazioni al processo decisionale; denunciamo l’opacità con la quale agiscono i governi di fronte al profondo dissenso sociale che essi suscitano, e il disprezzo degli argomenti e delle proposte dei cittadini,
Tutti noi chiediamo:
- alla Commissione europea e al Parlamento europeo, promotori delle politiche dei trasporti dell’Unione europea sulle medie e lunghe distanza, di aprire una riflessione sull’assurdità e la non necessità di grandi infrastrutture (TAV, autostrade, ampliamenti degli aeroporti, super-porti …)
- e una profonda revisione della strategia dell’Ue in materia di trasporto (TEN-T Trans European Networks – Trasporti). ai governi di Francia, Italia e Spagna la cessazione immediata delle attività e dei progetti TAV e l’apertura di un vero dibattito pubblico uniforme a livello europeo sul modello di trasporto, di sviluppo dei territori e sociale che sono alla base dell’incremento incontrollato del TAV
Noi affermiamo che le soluzioni si possono trovare:
- nell’ammodernamento, manutenzione e ottimizzazione delle linee esistenti, che rappresentano l’alternativa più accettabile dal punto di vista ambientale e un costo finanziario molto inferiore rispetto alla costruzione di nuove linee, soluzioni già proposte nel “Libro bianco di Delors “,
- nella decrescita dei trasporti connessa ad una profonda trasformazione del modello economico e sociale, dando la priorità alla prossimità e alla rilocalizzazione dell’economia,
- nell’attribuzione in ultima istanza del processo decisionale alle popolazioni direttamente interessate, fondamento della vera democrazia e dell’autonomia locale nei confronti di un modello di sviluppo imposto
L’altro è la Carta di Tunisi del 29 marzo 2013, una riflessione approvata nel corso del Forum contro le Grandi Opere Inutili e Imposte all’interno del WSF a Tunisi, una proposta di lotta globale. Eccolo:
Noi, cittadine e cittadini, associazioni e movimenti che lottano contro le Grandi Opere Inutili e Imposte
Constatiamo che:
- questi progetti costituiscono per i territori interessati un disastro ecologico, socio-economico e umano, la distruzione di aree naturali e terreni agricoli, di beni artistici e culturali, generano nocività e degradazione, inquinamento ambientale con gravi conseguenze negative per gli abitanti,
- questi progetti escludono la partecipazione effettiva delle popolazioni dal processo decisionale e le privano dell’accesso ai mezzi di comunicazione,
- di fronte ai gravi conflitti sociali che questi progetti generano, i governi e le amministrazioni operano nell’opacità e trattano con disprezzo le proposte dei cittadini,
- la giustificazione ufficiale per la realizzazione di queste nuove infrastrutture si basa sempre su false valutazioni di costi/benefici e di creazione di posti di lavoro,
- la priorità data alle grandi infrastrutture è a scapito delle esigenze locali,
- questi progetti aumentano la concorrenza tra i territori e si indirizzano verso il sempre “più grande, più veloce, più costoso, più centralizzato”,
- il sistema economico liberale che domina il mondo è in crisi profonda, i Grandi Progetti Inutili e Imposti sono strumenti che garantiscono profitti esorbitanti ai grandi gruppi industriali e finanziari, civili e militari, ormai non più in grado di ottenere tassi di profitto elevati nel mercato globale saturo,
- la realizzazione di questi progetti inutili è sempre a carico del bilancio pubblico, produce un enorme debito e non genera la ripresa economica, concentra la ricchezza e impoverisce la società,
- i grandi progetti permettono al capitale predatore di aumentare il suo dominio sul pianeta, generando così danni irreversibili all’ambiente e alle popolazioni,
- gli stessi meccanismi che aumentano il debito dei Paesi più poveri dalla fine della colonizzazione diretta sono ora utilizzati anche nei paesi occidentali.
Contestiamo:
- le infrastrutture sovradimensionate per la produzione di energia non rinnovabile, la costruzione di enormi dighe la cui tecnologia comporta forte inquinamento del suolo, dell’acqua, dell’aria, dei fondali marini e la scomparsa di interi territori che compromettono la sopravvivenza delle generazioni future,
- le modalità di finanziamento di tali progetti che generano enormi profitti garantiti dalla disponibilità di denaro pubblico assieme ad architetture giuridico-finanziarie scandalose, a favore di imprese le cui azioni di lobby influenzano le decisioni politiche fino ad ottenere misure eccezionali per aggirare tutti gli ostacoli giuridici,
- il supporto a questi progetti da parte dei vari livelli delle strutture politiche, locali, nazionali, sovranazionali e dalle istituzioni finanziarie globali che si oppongono ai diritti, ai bisogni e alla volontà dei popoli,
- la militarizzazione dei territori e la criminalizzazione dell’opposizione.
Affermiamo che le soluzioni si possono trovare:
- nella manutenzione e nell’ottimizzazione delle infrastrutture esistenti che rappresentano quasi sempre l’alternativa più accettabile dal punto di vista ambientale e dei costi rispetto alla costruzione di nuove infrastrutture, che devono rispondere all’interesse pubblico e non al profitto,
- nella profonda trasformazione del modello sociale ed economico oggi in profonda crisi, dando la priorità alla prossimità e alla rilocalizzazione dell’economia, alla tutela dei terreni agricoli, alla sobrietà energetica e alla transizione verso le energie rinnovabili decentrate, nostre priorità,
- nell’attribuzione in ultima istanza del processo decisionale alle popolazioni direttamente interessate, fondamento della vera democrazia e dell’autonomia locale nei confronti di un modello di sviluppo imposto, anche attraverso adeguate proposte legislative,
- attraverso nuove relazioni di solidarietà tra i popoli del sud e del nord che rompano definitivamente con la logica del dominio e dell’imperialismo.
Affermiamo la nostra solidarietà alla lotta contro tutte le Grandi Opere Inutili e Imposte e il nostro desiderio comune di recuperare il nostro mondo.
Dai Diritti della Tecnica al Senso del Limite
Il filosofo Emanuele Severino e il sociologo Franco Ferrarotti hanno indagato e scritto molto sulla tecnica che, reclamando i propri diritti, dà forza al dominio delle Grandi Opere sulla vita delle persone.
Emanuele Severino ha fatto dei riferimenti alle opposizioni affermando che “I movimenti ecologisti ritengono di poter influire sul modo in cui si realizzerà in futuro la produzione economica. Rivendicano i diritti dell’uomo contro i diritti del capitale. Ma dimenticano che, al di sopra di questi due, la tecnica reclama i propri diritti. È illusorio credere che ci si possa sottrarre ai diritti della tecnica sino a che ci si mantiene all’interno della cultura che nella civiltà occidentale conduce inevitabilmente dal pensiero greco alla dominazione della tecnica.[2]
Franco Ferrarotti affermava che: “Oggi viviamo in un mondo nel quale la tecnica, che è una perfezione funzionale priva di scopo, è diventata la componente fondamentale dominante su tutta la vita sociale”. E proseguiva: “Il principio tecnico subordina a sé, alle proprie esigenze, rigidamente scandite, le dimensioni umane e i processi naturali: cultura contro natura, meccanico contro organico, precisione numerica contro approssimazione intuitiva. Peccato che la tecnica sia una perfezione priva di scopo. Adottare il principio tecnico come principio-guida significa trasformare i valori strumentali in valori finali: un equivoco dalle conseguenze catastrofiche. Occorre, oggi, un nuovo profilo del costruire in cui la precisione tecnica sia subordinata alle esigenze umane. Urbanisti e architetti non progettano nel vuoto sociale. Bisogna imparare a costruire senza violentare la natura o snaturare il territorio, sfigurare il paesaggio[3]. Bisogna quindi recuperare la grande saggezza degli antichi greci e romani, racchiusa in detti come “nulla in eccesso” e “affrettati lentamente”, ossia nel momento in cui ti affretti interrogati. La soluzione non è negare il progresso, ma avere il senso del limite[4].
[1] Bent Flyvbjerg, 2014, “What You Should Know about Megaprojects and Why: An Overview, https://arxiv.org/pdf/1409.0003
[2] Il Destino della Tecnica di E. Severino – BUR, pagina 54