20230816 Due articoli pubblicati da Mediapart raccontano: il primo la storia del militante francese fermato ed espulso il 16 giugno 2023 alla frontiera franco-italiana insieme ai suoi compagni italiani, il secondo il ricorso al Tribunale amministrativo di Parigi del 12 agosto 2023 da parte di 24 militanti. Testi originali al fondo.
Camille Polloni, 21 giugno 2023, alle 16:15
Lione-Torino: un francese bandito dal territorio francese ed espulso in Italia
In vista della mobilitazione dello scorso fine settimana, il Ministero dell’Interno (francese, N.d.T.) ha assunto delle decisioni riguardanti 107 attivisti stranieri. Tra questi c’era un francese, falsamente presentato come italiano. La polizia ha espulso lui e i suoi compagni dall’altra parte del confine.
Lucas G., 23 anni, studente di fisica climatica in un’università francese, sta terminando un anno di scambio a Bologna, in Italia. Non ha mai avuto a che fare con la polizia o la legge.
Il 16 giugno, quando si è recato nel suo Paese per partecipare alla manifestazione contro il tunnel ferroviario Lione-Torino, non aveva idea di essere soggetto a un “divieto amministrativo di ingresso” emesso dal Ministero dell’Interno il giorno prima. E per una buona ragione: questa misura si applica solo ai cittadini stranieri. Lucas G. ha però una sola nazionalità, quella francese.
Alla domanda di Mediapart su cosa abbia portato a questa situazione assurda e illegale, di cui Politis ha già parlato, il Ministero dell’Interno non ha fornito alcuna spiegazione al momento della pubblicazione di questo articolo.
Nel documento che vieta a Lucas G. di rimanere in Francia fino al 22 giugno, il Ministero dell’Interno lo presenta erroneamente come italiano. È una delle 107 persone destinatarie di questa misura eccezionale in vista della manifestazione.
Durante una manifestazione contro la costruzione del collegamento ferroviario Lione-Torino, a La Chapelle, vicino a Modane, il 17 giugno 2023. Foto Olivier Chassignole / AFP
Venerdì 16 giugno, Lucas G. ha programmato di recarsi al campeggio dedicato all’evento, nella valle della Maurienne, fuori dal perimetro della manifestazione vietata dalla prefettura. Sta facendo il viaggio da Bologna con una quarantina di compagni italiani, “uniti da valori ambientalisti”, che “fanno parte del movimento francese Soulèvements de la Terre”.
Il gruppo ha attraversato il confine in una carovana di auto, passando dal colle del Moncenisio. Intorno alle 19, la polizia, schierata in gran numero per l’occasione, li ha controllati su una strada secondaria a Modane.
“Tutti gli autisti hanno consegnato i loro documenti d’identità”, racconta Lucas G., [mentre i gendarmi hanno iniziato] quella che è stata una perquisizione dei nostri veicoli, consentita dal decreto prefettizio. Hanno perquisito le nostre borse, alla ricerca di dispositivi di protezione e di “armi per destinazione”, in altre parole di qualsiasi cosa. Io sono l’unico che conosce abbastanza bene il francese, quindi mi usano come interprete”.
Nel giro di pochi minuti, la polizia ha notato che una decina di persone del gruppo erano nei suoi archivi: erano soggette a un divieto amministrativo. Questo è stato anche il caso di Lucas G., nonostante la carta d’identità francese che ha presentato.
Il precedente di Sainte-Soline
L’origine dell’imbroglio sembra ovvia. Lo scorso marzo, lo studente e i suoi amici italiani sono venuti in Francia per partecipare alla manifestazione di Sainte-Soline, indetta dai Soulèvements de la Terre. Lucas G. ci tiene a precisare che il gruppo era composto da “neofiti” e che “nessuno è andato a Sainte-Soline per combattere”.
All’epoca, la polizia li aveva già controllati a Modane, a bordo di un autobus noleggiato per l’occasione. “La polizia aveva fotografato i nostri documenti d’identità”, ricorda il giovane, che aveva anche fornito la sua carta d’identità francese. “Credo che in quel momento ci abbiano in qualche modo schedati. In seguito non ci hanno controllato. È impossibile che siamo stati associati a un gruppo violento”.
Gli ordini di espulsione emessi per la manifestazione contro il progetto Lione-Torino, consultati da Mediapart, sono identici per ogni persona, tranne che per il nome e la data di nascita.
In questi documenti, che fanno esplicito riferimento alla manifestazione contro i megabacini del 25 marzo, i Soulèvements de la Terre sono presentati come un collettivo “noto per considerare la violenza come una necessità per portare avanti la causa ecologista”, che avrebbe “mobilitato il movimento antifascista europeo, in particolare quello italiano, che è stato particolarmente virulento e si è scontrato violentemente con le forze dell’ordine presenti, causando numerosi feriti gravi e danni” a Sainte-Soline.
Il Ministero dell’Interno conclude che Lucas, come i suoi amici, “è probabile che si rechi in Francia per partecipare alla manifestazione [contro la ferrovia Lione-Torino - N.d.T.] e si unisca a un gruppo con l’obiettivo di fomentare azioni violente”. “La sua presenza sul territorio francese costituirebbe [...] una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave a un interesse fondamentale della società”, aggiunge il documento, che vieta a Lucas G. “l’ingresso e il soggiorno sul territorio francese fino al 22 giugno 2023 compreso”.
“Hanno in mano la mia carta d’identità”.
Essendo il copia e incolla una disciplina piena di rischi, Lucas G. è indicato in questo documento come “cittadino italiano”, nato “in Italia”, “abitualmente residente fuori dalla Francia e non attualmente in Francia”. Una formula generica, utilizzata per ogni persona. Solo che il giovane è francese, nonostante il cognome italiano.
A Modane, impegnato nel suo ruolo di traduttore improvvisato, Lucas G. tarda a capire la situazione. “La polizia è aggressiva e vuole sequestrare le nostre bandiere. Ho chiesto loro di giustificarsi ma non rispondono. In quel momento, la mia preoccupazione principale era quella di aiutare i miei compagni, non di affermare la mia nazionalità, visto che avevano in mano la mia carta d’identità nazionale”.
Gli attivisti si sono rifiutati di firmare gli ordini di espulsione amministrativa loro notificati e hanno telefonato alla “assistenza legale” dei Soulèvements de la Terre per contattare gli avvocati.
Dopo le 22, la polizia ha chiesto agli attivisti di tornare ai loro veicoli per essere scortati, in gruppo, nei locali della polizia di frontiera (PAF) a Modane. Nell’edificio raggiungono altre persone non ammesse in Francia intercettate durante i controlli. Lucas G. descrive un’atmosfera tesa nei locali della PAF, con i funzionari che a volte rifiutano agli attivisti di bere acqua o di andare in bagno.
Sorvegliati in una stanza, “gli italiani si sono un po’ scocciati e hanno detto alla polizia che avevano arrestato un francese”, racconta Lucas G. “I poliziotti erano furiosi e hanno perso un po’ le staffe, ma uno di loro mi ha praticamente detto che se c’è un documento del Ministero, è così.”
Accompagnati dall’altra parte del tunnel, a loro spese.
Dopo diverse ore di attesa, la polizia ha deciso di scortare tutte le persone non ammesse attraverso il tunnel del Fréjus. L’operazione è a pagamento: ogni veicolo che trasporta i manifestanti dovrà pagare circa cinquanta euro per portare a termine l’espulsione.
Non avendo spazio nelle auto, la polizia ha fatto salire due persone sul proprio furgone per il viaggio verso l’Italia all’una e trenta del mattino. Sono stati lasciati in un’area di servizio dell’autostrada e hanno aspettato che altri italiani venissero a prenderli in auto.
“Ho vissuto molto male l’espulsione con un documento palesemente falso”, ha commentato Lucas G. qualche giorno dopo. È stata una grave violazione della mia libertà di movimento e un’esperienza traumatica vedermi rifiutare l’ingresso nel mio Paese di nascita”. Per ottenere il ripristino dei suoi diritti, ha presentato un’istanza urgente al Tribunale amministrativo di Parigi.
Il tribunale ha esaminato il caso martedì 20 giugno. Il giorno prima dell’udienza, il Ministero dell’Interno ha revocato il divieto amministrativo nei confronti di Lucas G. Lungi dallo scusarsi per l’errore, l’amministrazione si è limitata a scrivere che “dalle informazioni raccolte successivamente risulta che il signor Lucas G. è un cittadino francese [...] attualmente residente in Italia”. Il tribunale gli ha riconosciuto un risarcimento di 1.500 euro.
Procedure aggirate
Guardando oltre il suo caso personale, Lucas G. ha denunciato “l’uso improprio dei divieti amministrativi territoriali, derivanti da una legge antiterrorismo, per violare il diritto di manifestare e distruggere i legami transnazionali tra i manifestanti”.
“È una vera assurdità”, ha aggiunto l’avvocato John Bingham, che ha rappresentato Lucas G. davanti al tribunale amministrativo – il suo cliente era ancora inammissibile il giorno dell’udienza. “Questo grossolano errore di copia e incolla solleva dubbi sulla validità delle informazioni utilizzate per gli altri divieti amministrativi alle manifestazioni, che prendono di mira singoli attivisti senza alcuna motivazione personalizzata”.
“Almeno 70 persone italiane ci hanno contattato in merito al rifiuto di ingresso o ai respingimenti basati su divieti amministrativi o sul rischio di turbare l’ordine pubblico”, affermano gli avvocati Fayçal Kalaf e Alexandre Maestlé, che stanno valutando le modalità di ricorso insieme ai colleghi Amid Khallouf, John Bingham e Camille Vannier.
Criticando il governo per aver “utilizzato tutti gli strumenti repressivi a sua disposizione per combattere l’attivismo”, gli avvocati ritengono che il loro utilizzo “metta seriamente a repentaglio le libertà essenziali per il corretto funzionamento delle società democratiche, compresa la libertà di espressione collettiva di idee e opinioni, da cui deriva la libertà di manifestare”.
Per quanto riguarda il caso specifico di Lucas G., gli avvocati prevedono solo due possibilità: “O il Ministero dell’Interno non è stato informato, per una serie di errori o intenzionalmente, della nazionalità di Lucas, il che è grave. Oppure l’ha fatto, ed è ancora più grave, perché in questo caso si tratta di un’espulsione temporanea dalla Francia al solo scopo di vietargli di partecipare a una manifestazione”.
All’inizio di giugno, cinque antifascisti italiani soggetti a divieto amministrativo sono stati arrestati in Francia dopo aver partecipato alla manifestazione in omaggio all’attivista antifascista Clément Méric. Tre di loro sono stati messi in un centro di detenzione e minacciati di espulsione, ma sono stati rilasciati da un giudice.
Prima di loro, uno svizzero che aveva intenzione di recarsi a Sainte-Soline è stato arrestato, detenuto e deportato in aereo. Un tedesco e un belga che erano venuti a manifestare in Francia hanno subito la stessa sorte.
Lione-Torino: gli attivisti contestano l’espulsione dal territorio francese
Ventitré italiani e un francese, respinti alla frontiera a metà giugno mentre si recavano in Francia per manifestare contro il tunnel ferroviario, hanno presentato sabato (12 agosto N.d.T.) un ricorso al Tribunale amministrativo di Parigi. Denunciano l’abuso di una procedura concepita per combattere il terrorismo.
Camille Polloni, 16 agosto 2023 alle 15:00
A metà giugno, in vista di un fine settimana di proteste contro il tunnel ferroviario Lione-Torino nella valle della Maurienne, il Ministero dell’Interno francese ha emesso 107 “divieti amministrativi” nei confronti di attivisti stranieri che avrebbero potuto recarsi sul posto.
Due mesi dopo, secondo Mediapart, ventiquattro di loro – quattordici uomini e dieci donne, la maggior parte dei quali trentenni – hanno fatto ricorso al tribunale amministrativo di Parigi per contestare i divieti e chiedere un risarcimento. Tra loro ci sono ventitré italiani e un francese, Lucas G., che è stato falsamente presentato come italiano e riportato oltre confine con i suoi compagni in seguito a un controllo stradale.
Le decisioni amministrative relative a questi attivisti, scritte in termini identici ad eccezione del nome e della data di nascita, affermano che la persona rischia di “unirsi a un gruppo con lo scopo di fomentare azioni violente” e che “la sua presenza sul territorio nazionale costituirebbe [...] una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave a un interesse fondamentale della società”.
Secondo gli avvocati Alexis Baudelin, John Bingham, Fayçal Kalaf, Amid Khallouf, Alexandre Maestlé e Camille Vannier, questi divieti “stereotipati” sono motivati esclusivamente dalle “opinioni” dei loro clienti e non si basano su “alcun elemento di fatto” relativo al loro “comportamento personale”. I loro ricorsi al tribunale amministrativo insistono sulla violazione delle libertà fondamentali di riunione, opinione, espressione, manifestazione e movimento.
Una misura contro gli jihadisti stranieri
Denunciano inoltre un abuso di procedura. I divieti amministrativi territoriali, creati dalla legge del 13 novembre 2014 “che rafforza le disposizioni relative alla lotta contro il terrorismo”, erano inizialmente destinati a impedire l’ingresso in Francia di jihadisti stranieri che volevano commettere attentati in quel Paese. Nel caso degli attivisti ambientali, che “negano vigorosamente qualsiasi coinvolgimento in atti di terrorismo, l’uso da parte del Ministero dell’Interno di queste deroghe al diritto comune è del tutto incomprensibile”, sostengono i loro avvocati.
Nei suoi divieti, il Ministero dell’Interno ha descritto Soulèvements de la Terre come un collettivo “noto per considerare la violenza come una necessità per portare avanti la causa ecologista”. L’11 agosto, però, il Consiglio di Stato ha sospeso lo scioglimento del collettivo, in particolare perché non è stato dimostrato che “in alcun modo condona la violenza contro le persone”. Il tribunale ha anche osservato che i danni commessi durante alcune azioni erano “limitati nel numero” e di “natura simbolica”.
Al di là della sostanza, i divieti amministrativi emessi prima della manifestazione No-Tav sembrano essere stati redatti in fretta e furia, non sono firmati e a volte contengono errori di taglia e incolla. Uno di essi, datato 24 marzo, fa riferimento alla manifestazione di Sainte-Soline ma non alla mobilitazione nella valle della Maurienne di due mesi dopo, anche se l’attivista in questione è stato allontanato in quell’occasione. A metà giugno, di fronte ai primi ricorsi d’urgenza contro questi divieti, il Ministero dell’Interno ha deciso di abrogarne alcuni poco prima dell’udienza.
Parallelamente al procedimento giudiziario amministrativo, che dovrebbe durare diversi mesi, gli avvocati degli attivisti intendono portare il loro caso al Mediatore per i diritti umani francese e al Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani contro l’uso improprio dei divieti amministrativi.
All’inizio di giugno, cinque antifascisti italiani sottoposti a tale misura sono stati arrestati in Francia dopo aver partecipato alla manifestazione in omaggio all’attivista antifascista Clément Méric. Tre di loro sono stati messi in un centro di detenzione e minacciati di espulsione – ma rilasciati da un giudice. Prima di loro, uno svizzero che aveva intenzione di recarsi a Sainte-Soline è stato arrestato, detenuto e deportato in aereo. Un tedesco e un belga che erano venuti a manifestare in Francia hanno subito la stessa sorte.
Lyon-Turin : un Français interdit du territoire français et expulsé vers l’Italie
En amont de la mobilisation organisée le week-end dernier, le ministère de l’intérieur a pris des décisions visant 107 militants étrangers. Parmi eux se trouvait un Français, présenté à tort comme un Italien. La police l’a reconduit de l’autre côté de la frontière au même titre que ses camarades.
Camille Polloni 21 juin 2023 à 16h15
LucasLucas G., 23 ans, étudiant en physique du climat dans un établissement universitaire français, termine une année d’échange à Bologne, en Italie. Il n’a jamais eu affaire à la police ou à la justice.
Le 16 juin, lorsqu’il se rend dans son pays d’origine pour participer à la manifestation contre le tunnel ferroviaire entre Lyon et Turin, il est loin d’imaginer qu’il fait l’objet d’une « interdiction administrative de territoire » prise par le ministère de l’intérieur la veille. Et pour cause : cette mesure s’applique uniquement aux ressortissants étrangers. Or Lucas G. n’a qu’une seule nationalité, française.
Sollicité par Mediapart sur ce qui a conduit à cette situation – déjà évoquée par Politis – aussi absurde qu’illégale, le ministère de l’intérieur n’a pas apporté d’explication à l’heure de publier cet article.
Dans le document qui interdit à Lucas G. de séjourner en France jusqu’au 22 juin, le ministère de l’intérieur le présente, à tort, comme un Italien. Il fait partie des 107 personnes visées par cette mesure d’exception en amont de la mobilisation.
Vendredi 16 juin, Lucas G. a prévu de rejoindre le camping dédié à l’événement, dans la vallée de la Maurienne, hors du périmètre de manifestation interdit par la préfecture. Il fait la route depuis Bologne avec une quarantaine de ses camarades italiens, « réunis autour de valeurs écologistes », qui évoluent « dans le giron des Soulèvements de la Terre français ».
Le groupe traverse la frontière en convoi de voitures, par le Mont-Cenis. Vers 19 heures, les forces de l’ordre déployées en nombre pour l’occasion les contrôlent sur une départementale, à Modane.
« Tous les chauffeurs donnent leurs papiers d’identité, raconte Lucas G., [tandis que les gendarmes se lancent dans] ce qui s’apparente à une perquisition de nos véhicules, permise par l’arrêté préfectoral. Ils fouillent nos sacs, cherchent des protections et des “armes par destination”, c’est-à-dire à peu près n’importe quel objet. Je suis le seul à maîtriser suffisamment le français donc ils m’utilisent comme interprète. »
En quelques minutes, les forces de l’ordre s’aperçoivent qu’une dizaine de personnes du groupe ressortent dans leurs fichiers : ils font l’objet d’une interdiction administrative de territoire. C’est aussi le cas de Lucas G., malgré la carte d’identité française qu’il présente.
Le précédent de Sainte-Soline
L’origine de l’imbroglio semble toute trouvée. Au mois de mars dernier, l’étudiant et ses amis italiens étaient venus en France pour rejoindre la manifestation de Sainte-Soline, à l’appel des Soulèvements de la Terre. Lucas G. tient à préciser que ce groupe est composé de « néophytes » et que « personne n’allait à Sainte-Soline pour en découdre ».
À l’époque, les forces de l’ordre les avaient déjà contrôlés à Modane, à bord d’un bus affrété pour l’occasion. « Les policiers avaient pris en photo nos documents d’identité », se souvient le jeune homme, qui là aussi avait fourni sa carte d’identité française. « Je pense que c’est le moment où ils nous ont en quelque sorte “fichés”. Nous n’avons pas été contrôlés après. Il est impossible de nous associer à un groupe violent. »
Les décisions d’interdiction de territoire pris pour la manifestation contre le Lyon-Turin, consultés par Mediapart, sont identiques pour chaque personne à l’exception du nom et de la date de naissance.
Dans ces documents, qui font explicitement référence à la manifestation contre les mégabassines du 25 mars, les Soulèvements de la Terre sont présentés comme un collectif « connu pour considérer la violence comme une nécessité pour faire avancer la cause écologiste », qui aurait « mobilisé la mouvance antifasciste européenne, en particulier italienne, qui s’est montrée particulièrement virulente et a affronté violemment les forces de l’ordre présentes, occasionnant de nombreux blessés graves ainsi que des dégradations » à Sainte-Soline.
Le ministère de l’intérieur en déduit que Lucas, comme ses camarades, « est susceptible de se rendre sur le territoire national afin de participer à la manifestation [contre le Lyon-Turin – ndlr] et d’intégrer un groupe ayant vocation à fomenter une action violente ». « Sa présence sur le territoire national constituerait [...] une menace réelle, actuelle et suffisamment grave pour un intérêt fondamental de la société », ajoute le document, qui interdit Lucas G. « d’entrée et de séjour sur le territoire français jusqu’au 22 juin 2023 inclus ».
« Ils ont ma carte d’identité dans les mains »
Le copier-coller étant une discipline pleine d’aléas, Lucas G. est désigné dans ce document comme un « ressortissant italien », né « en Italie », « résidant habituellement hors de France et ne s’y trouvant pas actuellement ». Une formule générique, reprise pour chaque personne. Sauf que le jeune homme est français, malgré un nom de famille à consonance italienne.
À Modane, accaparé par son rôle de traducteur improvisé, Lucas G. tarde à comprendre la situation. « Les policiers sont agressifs et veulent saisir nos drapeaux. Je leur demande de le justifier et ils renoncent. Sur le coup, je pense surtout à aider mes camarades, pas à faire valoir ma nationalité, puisqu’ils ont ma carte nationale d’identité dans les mains. »
Les militants refusent de signer les interdictions administratives de territoire qui leur sont notifiées et passent des coups de fil à la « base arrière juridique » des Soulèvements de la Terre pour joindre des avocats.
À 22 heures passées, les forces de l’ordre demandent aux militants de regagner leurs véhicules pour qu’ils puissent les escorter, groupés, jusqu’aux locaux de la police aux frontières (PAF), à Modane. Là-bas, ils rejoignent d’autres interdits de territoire interceptés lors de contrôles. Lucas G. décrit une ambiance tendue dans les locaux de la PAF, avec des fonctionnaires qui refusent par moments de laisser les militants boire de l’eau ou aller aux toilettes.
Sous surveillance dans une pièce, « les Italiens s’agacent un peu et disent aux policiers qu’ils ont embarqué un Français », raconte Lucas G. « Livides, les policiers perdent un peu pied, mais l’un d’entre eux me dit en substance que s’il y a un document du ministère, c’est comme ça. »
Escortés de l’autre côté du tunnel, à leurs frais
Après plusieurs heures d’attente, les policiers décident de raccompagner tous les interdits de territoire de l’autre côté de la frontière, par le tunnel du Fréjus. Celui-ci est payant : chaque véhicule de manifestants devra s’acquitter d’une cinquantaine d’euros pour mener à bien son expulsion.
Faute de places disponibles dans les voitures, les policiers font monter deux personnes à bord de leur propre fourgon pour ce trajet vers l’Italie, à 1 h 30 du matin. Largués sur une aire d’autoroute, les interdits de territoire attendent que d’autres Italiens viennent les chercher en voiture.
« J’ai très mal vécu le fait de me faire expulser du territoire avec un document manifestement faux, commente Lucas G. quelques jours après. C’est une grave atteinte à ma liberté de circulation et un traumatisme pour moi, de me voir refuser l’entrée dans mon pays de naissance. » Pour être rétabli dans ses droits, il a saisi en urgence le tribunal administratif de Paris.
Celui-ci a examiné l’affaire mardi 20 juin. Enfin ce qu’il en reste : la veille de l’audience, le ministère de l’intérieur a abrogé l’interdiction administrative de territoire visant Lucas G. Loin de s’excuser pour son erreur, l’administration écrit simplement « qu’il ressort d’informations recueillies postérieurement que M. Lucas G. est un ressortissant français [...] résidant actuellement en Italie ». La justice lui a accordé 1 500 euros d’indemnité.
Des procédures détournées
Au-delà de son cas personnel, Lucas G. dénonce « une utilisation dévoyée des interdictions administratives de territoire, issues d’une loi antiterroriste, pour contrevenir au droit de manifester et abattre les liens transnationaux entre manifestants ».
« C’est du délire total », ajoute l’avocat John Bingham, qui a représenté Lucas G. devant le tribunal administratif – son client étant toujours interdit de territoire le jour de l’audience. « Cette erreur grossière de copier-coller pose question sur la validité des renseignements utilisés pour les autres interdictions administratives de manifester, qui visent les différents militants sans aucune motivation personnalisée. »
« Au moins 70 personnes italiennes nous ont contactés pour des refus d’entrée ou des refoulements fondés sur des interdictions administratives de territoire ou sur le risque de trouble à l’ordre public », précisent les avocats Fayçal Kalaf et Alexandre Maestlé, qui réfléchissent à des voies de recours avec leurs confrères et consœur Amid Khallouf, John Bingham et Camille Vannier.
Reprochant au gouvernement « d’utiliser tous les outils répressifs à sa disposition pour lutter contre le militantisme », les avocats estiment que leur usage est « gravement attentatoire à des libertés essentielles pour le bon fonctionnement des sociétés démocratiques, dont la liberté d’expression collective des idées et opinions de laquelle découle la liberté de manifester ».
Sur le cas particulier de Lucas G., les avocats n’envisagent que deux possibilités : « Soit le ministère de l’intérieur n’a pas été informé, par une succession d’erreurs ou intentionnellement, de la nationalité de Lucas, ce qui est grave. Soit il l’a été et c’est encore plus grave, car il procède alors du bannissement temporaire de France aux seules fins de l’interdire de participer à une manifestation. »
Début juin, cinq antifascistes italiens ayant fait l’objet d’une interdiction administrative de territoire ont été arrêtés en France après avoir participé à la manifestation en hommage au militant antifasciste Clément Méric. Trois d’entre eux ont été placés dans un centre de rétention et menacés d’expulsion – mais libérés par un juge.
Avant eux, un Suisse qui envisageait de se rendre à Sainte-Soline a été arrêté, placé en rétention et expulsé par avion. Un Allemand et un Belge venus manifester en France ont subi le même sort.
Lyon-Turin : des militants contestent leur interdiction du territoire français
Vingt-trois Italiens et un Français, refoulés à la frontière mi-juin alors qu’ils se rendaient en France pour manifester contre le tunnel ferroviaire, ont saisi le tribunal administratif de Paris samedi dernier. Ils dénoncent le détournement d’une procédure conçue pour lutter contre le terrorisme.
Camille Polloni 16 août 2023 à 15h00
Mi-juin, en amont d’un week-end de mobilisation contre le tunnel ferroviaire Lyon-Turin dans la vallée de la Maurienne, le ministère de l’intérieur avait pris 107 « interdictions administratives de territoire » contre des militants étrangers susceptibles de s’y rendre.
Deux mois plus tard, vingt-quatre d’entre eux – quatorze hommes et dix femmes, pour la plupart âgés d’une trentaine d’années – ont saisi le tribunal administratif de Paris pour contester ces interdictions et demander réparation, d’après les informations de Mediapart. Parmi elles, vingt-trois Italiens et un Français, Lucas G., présenté à tort comme un Italien et ramené de l’autre côté de la frontière avec ses camarades à l’issue d’un contrôle routier.
Les décisions administratives visant ces militants, rédigées en des termes identiques à l’exception du nom et de la date de naissance, affirment que la personne risque « d’intégrer un groupe ayant vocation à fomenter une action violente » et que « sa présence sur le territoire national constituerait […] une menace réelle, actuelle et suffisamment grave pour un intérêt fondamental de la société ».
Aux yeux de leurs avocats Alexis Baudelin, John Bingham, Fayçal Kalaf, Amid Khallouf, Alexandre Maestlé et Camille Vannier, ces interdictions « stéréotypées » sont uniquement motivées par « les opinions » de leurs clients et ne s’appuient sur « aucun élément factuel » lié à leur « comportement personnel ». Leurs recours devant le tribunal administratif insistent sur la violation des libertés fondamentales de réunion, d’opinion, d’expression, de manifestation et de circulation.
Une mesure visant les djihadistes étrangers
Ils dénoncent aussi un détournement de procédure. Les interdictions administratives de territoire, créées par la loi du 13 novembre 2014 « renforçant les dispositions relatives à la lutte contre le terrorisme », visaient initialement à empêcher l’entrée en France de djihadistes étrangers qui voudraient y commettre des attentats. S’agissant de militants écologistes, qui « contestent avec la plus ferme vigueur être mêlés de près ou de loin à des actes de terrorisme, le recours par le ministère de l’intérieur à ces dispositions dérogatoires de droit commun est parfaitement incompréhensible », estiment leurs avocats.
Dans les interdictions, le ministère de l’intérieur présente les Soulèvements de la Terre comme un collectif « connu pour considérer la violence comme une nécessité pour faire avancer la cause écologiste ». Mais le 11 août, le Conseil d’État a suspendu la dissolution du collectif, notamment parce qu’il n’est pas démontré qu’il « cautionne d’une quelconque façon les violences à l’encontre des personnes ». La juridiction relève aussi que les dégradations commises lors de certaines actions restaient « en nombre limité » et revêtaient un « caractère symbolique ».
Au-delà du fond, les interdictions administratives de territoire prises en amont de la manifestation No-Tav semblent avoir été rédigées dans la précipitation, ne sont pas signées et comportent parfois des erreurs de copier-coller. L’une d’entre elles, datée du 24 mars, fait ainsi référence à la manifestation de Sainte-Soline mais pas à la mobilisation dans la vallée de la Maurienne deux mois plus tard, alors que le militant visé est refoulé à cette occasion. Dès la mi-juin, confronté à des premiers recours en référé (en urgence) contre ces interdictions, le ministère de l’intérieur a préféré en abroger certaines juste avant l’audience.
En parallèle de la procédure au tribunal administratif, qui devrait prendre plusieurs mois, les avocats des militants comptent saisir le Défenseur des droits et le rapporteur spécial de l’ONU sur les droits de l’homme contre le dévoiement des interdictions administratives de territoire.
Début juin, cinq antifascistes italiens ayant fait l’objet d’une telle mesure ont été arrêtés en France après avoir participé à la manifestation en hommage au militant antifasciste Clément Méric. Trois d’entre eux ont été placés dans un centre de rétention et menacés d’expulsion – mais libérés par un juge. Avant eux, un Suisse qui envisageait de se rendre à Sainte-Soline a été arrêté, placé en rétention et expulsé par avion. Un Allemand et un Belge venus manifester en France ont subi le même sort.