PICCOLO ANNIVERSARIO,
GRANDI FALLIMENTI
La storia della Torino-Lione in Val Susa è talmente vecchia che ogni giorno dell’anno cade l’anniversario di qualche episodio, minore o maggiore, di vicende movimentiste o amministrative.
Ivan Cicconi: questo progetto è il più grande fallimento economico e finanziario mai registrato nella storia delle grandi opere in Italia e nel mondo
La giornata odierna non fa eccezione. Il 7 agosto 2003, infatti, il Ministero dei trasporti deliberò l’apertura del cantiere di Venaus (autorizzazione n. 19395/2003).
Di passaggio, notiamo che emettere provvedimenti durante le vacanze è una pratica consueta: spesso i progetti sono stati pubblicati ad agosto o a Natale, per rendere difficile alle amministrazioni e ai cittadini controllare il contenuto e la regolarità della documentazione ufficiale. Comunque, questo compleanno è certamente modesto ma permette di riassumere la cronologia del cunicolo geognostico, e valutare se – dopo 11 anni – sta centrando i suoi obiettivi. E’ una sintesi noiosa ma istruttiva.
Dunque, nel 2003 si poteva finalmente cominciare, ma in realtà – come sappiamo – i primi sondaggi propedeutici furono ostacolati dalla popolazione e dalla Comunità Montana; poi vennero il Seghino e il famoso inverno del 2005 e tutto si fermò. Per superare l’opposizione il Governo di allora fece due cose: promise di “sfilare” la Torino-Lione dalla famigerata Legge Obiettivo per ricondurla nella procedura ordinaria, dove le amministrazioni locali avrebbero avuto voce in capitolo; poi fondò l’Osservatorio, con il preciso compito di confrontare tutti gli approfondimenti di carattere ambientale, sanitario ed economico e di esaminare, valutare e rispondere alle preoccupazioni della Valle di Susa (DPCM 01.03.06).
Ecco i due primi fallimenti. Infatti, ben presto l’antidemocratica legge Obiettivo venne ripristinata e l’Osservatorio espulse le amministrazioni non favorevoli (Provincia 0140090 e DPCM 19.01.10), subito dopo aver pubblicato due relazioni governative che, sulla capacità della ferrovia esistente e sul futuro dei traffici, davano sostanzialmente ragione all’opposizione valsusina.
In ogni caso, Venaus divenne impronunciabile e si decise di cominciare da Chiomonte, dove il Comune era più favorevole. Il progetto definitivo non venne rifatto ma scopiazzato da quello vecchio, fu approvato a novembre 2010 e pubblicato ad aprile 2011. Quell’estate il movimento NoTav affittò legalmente la zona della Maddalena e resistette fino a quando LTF occupò l’area con l’aiuto dei militari.
Da quel momento è iniziato un nuovo capitolo della storia del cunicolo. Per molto tempo gli unici lavori realizzati sono stati recinzioni, spianamenti e disboscamenti per difendere e preparare il cantiere. Finalmente, a gennaio 2013, si è cominciato a bucare la montagna. Prima con ruspe e palanchini, poi da novembre 2013 con la cosiddetta talpa TBM, più efficiente e veloce.
Nel frattempo, si registrano altri due fallimenti. Il primo riguarda gli appalti per i lavori iniziali, ingiustificatamente costosi, che hanno visto vincere imprese dal dubbio passato, senza solidità e senza certificazioni, il cui titolare – scoprirà solo nel 2014 l’inchiesta San Michele – trafficava illegalmente rifiuti sotto gli occhi di carabinieri, polizia e finanza. Il secondo attiene specificamente alla ragion d’essere del cunicolo geognostico. Ad aprile 2013, infatti, LTF deposita il progetto definitivo del tunnel di base. Nei suoi documenti si legge che la conoscenza del Massiccio d’Ambin è nulla, scarsa e poco significativa. L’opera di Chiomonte (e di Venaus prima) doveva servire proprio a eliminare tale ignoranza: per quello scopo è stata approvata e finanziata, per quello si chiama “gnostica”. Come minimo, il progetto del traforo avrebbe dovuto aspettare i risultati dell’indagine che oggi, ricordiamo, ha studiato meno di 1,2 km (e soltanto a partire dal quarto chilometro fornirà informazioni geologiche significative).
Un altro fallimento si compie nello stesso periodo ma verrà smascherato solo un anno dopo per merito del movimento NoTav. A marzo 2013 la Commissione Europea concede a LTF di ritardare il termine del cunicolo dal 2013 al 2015, ma diminuisce il finanziamento del 40% (C2013 1376 Final del 5.3.13) a causa del notevole ritardo amministrativo e tecnico. Notiamo di passaggio che i beneficiari hanno approvato le modifiche a dicembre 2012: dunque LTF quando comincia a scavare conosce già la riduzione! Probabilmente, il fallimento proseguirà: al ritmo di scavo attuale, infatti, alla fine del 2015 sarà realizzata soltanto metà della galleria prevista.
Intanto, però, seppur lentamente, i lavori procedono. Dovremmo almeno apprezzare i vantaggi per l’occupazione. Purtroppo, si tratta di altri fallimenti. In questi mesi lo hanno denunciato un sindaco e un sindacato, che certamente non possono essere considerati NoTav. Lo dimostrano i numeri: poche decine di occupati a fronte delle centinaia magnificate nelle presentazioni ufficiali. E pochissimi locali, come profetizzavano inascoltati i tecnici della Comunità Montana. E quasi nessuno a tempo indeterminato o con professionalità qualificate.
Almeno, la salute e l’ambiente sono rispettati? C’è da dubitarne. LTF fornisce dati lacunosi e oscuri, nonostante sia obbligata a renderli pubblici e facilmente fruibili. ARPA, che dovrebbe controllarli, emette comunicati contraddittori e denuncia i ritardi di LTF ma senza effetti apparenti. Nonostante gli ostacoli, il quadro descritto dal monitoraggio e le immagini del cantiere sono preoccupanti. Polvere ovunque, acqua sottratta alle falde oltre le previsioni, con varianti, deroghe e ingiunzioni, limiti di legge superati senza conseguenze, aumenti percentuali oltre le raccomandazioni dell’OMS ed enti locali indifferenti (www.autistici.org/spintadalbass/?p=3296,/?p=3270e/?p=3137).
Gli argomenti che provano un completo fallimento riempiono un lungo elenco. Rischia di diventare noioso. Facciamo ancora quattro esempi sparsi. La garanzia sulla regolarità degli appalti è affidata, tra l’altro, al CUP, il Codice Unico di Progetto, che per legge ne deve accompagnare univocamente ogni atto, così da poter tracciare facilmente tutti i pagamenti per controllare i flussi finanziari. Bene, quello di Chiomonte era malfatto e venne corretto con un apposito comunicato in Gazzetta Ufficiale ad ottobre 2012. Ciononostante continua ad essere sbagliato nei provvedimenti ministeriali (www.va.minambiente.it//it-IT/Oggetti/MetadatoDocumento/109022).
Il CIPE ha imposto a LTF di adempiere, prima dell’inizio dei lavori, numerose prescrizioni, dalla VIS alle indagini anteoperam. Non è stato fatto, almeno in maniera compiuta, e – nonostante sia stato denunciato in ogni sede – non è successo nulla. Non si tratta di inadempienze formali o di piccole inesattezze inevitabili in un’opera complessa. Sono invece mancanze gravi, che inficiano la validità del progetto e della sua approvazione. Ancora di più, sono carenze necessarie. Senza queste incertezze tutto costerebbe di meno e procederebbe più veloce, quindi andrebbe contro i veri interessi che sostengono l’intera Torino-Lione.
Per anni ci hanno raccontato che la pratica di comprare l’assenso delle amministrazioni locali tramite le compensazioni sarebbe stata abbandonata: superare la logica delle compensazioni come fonte di finanziamento per opere di carattere locale e non connesse tra loro, identificando criteri per una strategia comune di valle che trovi nella realizzazione della nuova linea ferroviaria il volano per l’avvio di processi di sviluppo sostenibile e integrato scriveva il CIPE nella Delibera 29 del 31 maggio 2013. Invece, l’irritazione suscitata dai risultati delle ultime elezioni ha costretto i sostenitori a parlare proprio di compensazioni, di soldi che il territorio non può perdere e di possibilità legate unicamente alla Torino-Lione. Nella stessa delibera l’elenco delle opere previste a Susa dimostra che la logica è sempre la stessa: nuovo cemento e altro spazio occupato. La poca manutenzione promessa, invece, dovrebbe essere del tutto slegata da qualsiasi opera strategica: scuole, ospedali, ponti utili alla collettività devono essere costruiti e conservati senza ricatti.
Il fallimento più grande riguarda l’Osservatorio e il suo commissario-presidente. Doveva essere luogo di confronto e non lo è stato. Doveva raccogliere dati attendibili e li ha nascosti perché dimostravano l’inutilità dell’opera. Doveva risolvere i conflitti e li ha acuiti. Doveva preparare la strada ai futuri cantieri senza disordini ma oggi tutti sanno che dovranno essere difesi come fortini. Bisognerebbe applicare all’Osservatorio la sua stessa Analisi Costi-Benefici: sarebbe largamente deficitaria.
Qualsiasi opera, tanto più se pubblica, è motivata da diverse componenti: la sua utilità, prima di tutto, e poi la condivisione sociale, gli appalti e il lavoro che crea, i tempi e i finanziamenti che rispetta, la salute che preserva e l’ambiente che migliora.
Il piccolo anniversario di oggi dimostra che ciascuno di questi aspetti è fallimentare nell’unica modesta opera finora intrapresa in Val Susa per la Torino-Lione.
I prossimi compleanni non si annunciano più felici.
PS – Sempre oggi si apprende che a Roma i Sindaci Plano e Ollivier hanno ottenuto la promessa di un futuro incontro in val Susa. Forse una nuova disponibilità al confronto? Ma – afferma il ministro – senza discutere l’opera. La stessa sovietica convinzione emerge dalla bozza del decreto “sblocca-cantieri” che ridimensiona molte infrastrutture ma non la Torino-Lione. Che razza di dialogo è ? Un nuovo fallimento! http://www.repubblica.it/economia/2014/08/06/news/sblocca_italia_nuovo_elenco_opere-93215074/?ref=HREC1-4)
Sull’argomento vedi anche: Ivan Cicconi: Movimento No Tav, paradigma della democrazia partecipata
… Le indagini di diverse procure hanno ricostruito passaggi, architetture, relazioni che, al di là degli illeciti, forniscono una ricostruzione che fanno di questo progetto il più grande fallimento, economico e finanziario, mai registrato nella storia delle grandi opere in Italia e nel mondo. …