Le responsabilità degli Amministratori di TELT
Il finanziamento occulto dell’Italia alla Francia di oltre due miliardi di €
Oggi il Governo italiano potrebbe permettere ai capi di TELT di approvare nella prossima riunione del Cda dell’11 marzo il lancio di bandi di gara per un importo di 2,3 miliardi di euro.
E’ bene che Conte, Di Maio, Salvini e Toninelli sappiano che gli Accordi Italia-Francia vietano a TELT di lanciare i bandi per lo scavo del Tunnel di Base.
Gli amministratori di TELT devono sempre rendere conto del loro operato ai due Stati.
Lo stop al lancio dei bandi, previsto dall’accordo tra il Ministro Toninelli e la ministra Borne firmato a Parigi l’8 dicembre 2018, non indicava alcuna data certa per il via agli appalti definitivi, ma avrebbe permesso ai due Governi di preparare il calendario dei negoziati per l’arresto del progetto Torino-Lione.
Il Parere giuridico del prof. Sergio Foà dimostra perché il lancio dei bandi è una scelta “fuori legge”.
Non solo non esiste l’urgenza di accelerare la decisione, ma mancano i presupposti legali per avviare le procedure d’appalto relative allo scavo del tunnel transfrontaliero e di esecuzione dei lavori definitivi, visti gli esiti dell’ACB e l’articolo 16, par. 2, dell’Accordo tra Italia e Francia del 2012, che impone la disponibilità dei finanziamenti quale requisito indispensabile per avviare i lavori di qualunque fase, come definita nell’articolo 4 dello stesso Accordo.
Al momento attuale nessuno dei due Stati garantisce la copertura finanziaria per realizzare la tratta comune, e nemmeno l’Unione europea.
L’avvio delle procedure d’appalto causerebbe inoltre allo Stato italiano un ulteriore danno dovuto alla rinuncia francese a eseguire le opere delle gallerie di Belledonne e Glandon (la seconda canna non è mai stata dichiarata d’utilità pubblica e non è stata svolta l’inchiesta pubblica).
Senza quella parte di opere in carico alla Francia non risulta giustificata la sproporzione tra costi sostenuti dall’Italia e l’estensione dei lavori sul territorio di pertinenza: ci sarebbe una sorta di finanziamento “occulto” e ingiustificato allo Stato francese, perché l’Italia si impegna a finanziare il 57,9% senza la contropartita francese sulla parte comune (33 Km dei due tunnel a due canne), senza alcuna garanzia da parte francese di riequilibrare gli impegni rispettivi, in violazione del principio di cui all’art. 1 dell’Accordo del 29 gennaio 2001.
In Francia il COI – Conseil d’orientation des infrastructures ha infatti rinviato a dopo il 2038 la realizzazione, sulla tratta francese della parte comune, dei due tunnel a due canne di Belledonne e Glandon indicati all’art. 4 lett. a) dell’Accordo di Roma del 2012 e la Francia non può disporre del finanziamento per realizzare la sezione francese della parte comune.
L’avvio delle procedure d’appalto in questo momento si porrebbe inoltre in contrasto con l’art. 17 dell’Accordo di Roma 30 Gennaio 2012 e il relativo Allegato n. 2, che prevede il finanziamento del progetto con il ricorso a capitali privati: manca infatti un’identificazione dei partner privati e le modalità dei loro contributi, in tal modo difettando un altro presupposto per la copertura delle procedure.
La decisione di avviare le procedure d’appalto per la sezione transfrontaliera non assume l’urgenza di condizione necessaria per “permettere il mantenimento dei finanziamenti europei previsti”, vista la possibilità di rinegoziare con l’UE modalità e tempi di realizzazione o di abbandono dell’opera: l’attuale quadro finanziario non consente di procedere. Gli accordi tra gli Stati e il loro rispetto rappresentano il presupposto per richiedere il cofinanziamento europeo.
Sono infatti le stesse norme dell’UE a rimettere agli Stati le valutazioni in merito: così l’art. 17.3 del Regolamento (UE) N. 1316_2013 che include il riferimento all’ACB “I progetti descritti nella parte I dell’allegato I non sono vincolanti per gli Stati membri nelle loro decisioni di programmazione. La decisione di attuare tali progetti spetta agli Stati membri e dipende dalle capacità di finanziamento pubblico nonché dalla loro fattibilità socioeconomica conformemente all’articolo 7 del Regolamento (UE) N. 1315/2013 (lettera c) ha una sostenibilità economica sulla base di un’analisi costi-benefici sotto il profilo socio-economico”.
TELT e i suoi organi rappresentano le Parti italo-francesi: la Società ha per oggetto “tutte le missioni e esercita tutte le competenze che le vengono riconosciute dall’Accordo del 30 gennaio 2012” (art. 2 dello Statuto). TELT deve quindi rendere conto del suo operato agli Stati: la delibera n. 6/2018 del CIPE (sul Contratto di programma 2015-2029 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. e TELT per il finanziamento, la progettazione e la realizzazione della sezione transfrontaliera della parte comune della linea) rimarca: “1.8 Relativamente all’art. 7, si ritiene utile, comunque, prevedere (…) procedure di individuazione degli inadempimenti contrattuali di TELT (…) più dettagliate.
Anche se sul lato francese l’art. R2185-1 e -2 del Code de la commande publique consente le “procedure senza seguito” per ragioni d’interesse pubblico, l’applicazione di quella norma è pressoché impossibile nel caso in esame, perché impone di dimostrare che è sopravvenuta una carenza di interesse generale non conosciuta né conoscibile al momento dell’aggiudicazione dei lavori o una situazione di forza maggiore per la quale si interrompe la procedura.
Peraltro l’iniziativa sarebbe affidata alla stessa TELT, che in qualità di stazione appaltante è tenuta a conoscere fin d’ora il difetto dei presupposti per l’avvio delle procedure d’appalto. Invocare l’applicazione di tale norma rischia di alimentare contenzioso da parte delle imprese interessate. In carenza dei presupposti per realizzare l’opera, come visto dagli esiti delle ACB e in ragione del difetto di copertura, le procedure d’appalto non devono essere nemmeno avviate, nel rispetto del generale principio di prudenza finanziaria.
La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE già persi
I residui fondi UE (CEF) attualmente a disposizione per la Torino Lione sono già persi anche in presenza di proroga al 2020.
Le attività finanziate sono in ritardo da anni a causa di comprovate inefficienze di TELT. La Commissione Europea e l’INEA sono perfettamente a conoscenza della situazione.
Anche lanciando ora le gare TELT, saranno comunque obbligati a decurtare oltre 300 milioni di sovvenzioni assegnate.
Tale situazione è l’esatta replica di quanto già visto nel 2013 (cfr. la Decisione della Commissione C_2013_1376 – durante il Governo Monti): TELT (allora Ltf) perse circa 300 milioni di euro per la sua incapacità a completare le attività promesse.