… ecco perché l’Italia può abbandonare il progetto …
Il Parere del Prof. Sergio Foà
La decisione sul futuro della Torino-Lione non appartiene ai sostenitori delle Grandi Opere ad ogni costo. Decine di anni di riflessioni e di valutazioni trasportistiche, economiche e giuridiche hanno abbondantemente segnalato che questo progetto è una Grande Opera Inutile e Imposta che, se realizzata, non avrà ritorno positivo.
Affermare che l’abbandono di una Grande Opera Inutile e Imposta, soprattutto quando la sua realizzazione non è ancora iniziata come in questo caso, dovrebbe essere sempre possibile sulla base dei principi di prudenza e di precauzione economica e ambientale.
Nel caso della Torino-Lione, è la stessa Unione europea che permette l’abbandono del progetto quando afferma che la decisione di attuare i progetti è lasciata agli Stati secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica”.
Il Governo ha già ufficiosamente comunicato che l’Analisi Costi Benefici è negativa.
L’ala governativa a favore del progetto si aspetta che la relazione tecnico-giuridica redatta dall’Avvocatura dello Stato ribalti il risultato negativo dell’ACB come già avvenuto per il progetto del Terzo Valico attraverso l’uso spregiudicato di deboli argomenti giuridici.
Il Paese ha invece bisogno di conoscere la verità giuridica di un progetto internazionale i cui risvolti sono molto complessi e contengono al loro interno le “porte di uscita” che i decisori politici favorevoli hanno sempre ignorato.
L’Avvocatura dello Stato non potrà affermare l’esistenza di presunte penali facendo il copia-incolla delle affermazioni e delle cifre sapientemente preparate dai promotori dell’opera.
L’uscita dell’Italia dal progetto è un diritto stabilito dai Regolamenti europei e un dovere sulla base delle constatazioni tecnico-economiche.
Al Governo mettiamo a disposizione, attraverso questa comunicazione, un Rapporto giuridico che farà la differenza e che dimostra che l’Italia può abbandonare il progetto.
Questo Rapporto Giuridico, redatto dal professor Sergio Foà, Ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università di Torino, descrive i possibili scenari in caso di mancato avvio dei lavori relativi alla fase definitiva del Progetto Torino-Lione, ossia lo scavo del tunnel di base di 57,5 km.
Il documento esamina i rapporti tra i vari soggetti che sono impegnati per realizzare il progetto e verifica quali sono le condizioni per la sua realizzabilità.
Sui rapporti tra Italia e Francia
Occorre subito sottolineare che Italia e Francia potrebbero dare il via alla realizzazione dei lavori definitivi (ossia lo scavo del tunnel di base) solo se esistesse la disponibilità finanziaria totale per realizzare l’intera opera. Questa è la condizione necessaria per l’avvio di ogni fase dei lavori fissata all’art. 16 dell’Accordo di Roma 30.1.2012
Sappiamo che questa condizione non è soddisfatta, quindi i lavori non possono iniziare.
Inoltre, l’Allegato n. 2 dell’Accordo di Roma del 2012 ha indicato ai decisori politici che gli Stati si impegnano a ridurre gli effetti a carico delle finanze pubbliche, in parole povere non si deve realizzare un investimento senza “ritorno” come sarà la Torino-Lione.
Ecco un altro elemento che impedisce l’avvio del progetto definitivo.
Mentre il costo certificato e validato è definito nel protocollo addizionale all’Accordo del 2012 il progetto è posto sotto il controllo paritetico dei due Stati: TELT può dunque agire solo in base ad un’istruzione paritetica dei due Governi, come indicato all’art. 3 dell’Accordo del 2012, che al momento non è all’orizzonte.
Questo è il terzo fattore che impedisce l’avviamento dei lavori definitivi.
Sui rapporti con l’Unione europea
Il GRANT AGREEMENT del 25 novembre 2015, ossia la risposta alla Domanda di finanziamento alla Commissione Europea del 24 febbraio 2015 di Italia e Francia (il cui accesso è stato negato dalla Commissione europea qai Deputati europei e ai cittadini). Questo contratto tra Italia, Francia e UE, riguarda solo opere da concludere entro il 2019 finanziate dalla Ue per un ammontare complessivo di € 813.781.900, prevede sanzioni amministrative solo in caso di grave inadempienza delle obbligazioni da parte dei beneficiari, che allo stato non esistono.
Le azioni in corso sono solo lavori geognostici, quelli definitivi contenuti nel Grant Agreement non potranno essere iniziati entro il 31 dicembre 2019 per il divieto imposto dall’art. 18 dell’Accordo 2012.
Ogni ritardo nel loro utilizzo non produrrà alcuna sanzione, ma solo la mancata erogazione dei fondi secondo il principio use it or lose it.
Sappiamo, ma dovrebbe saperlo soprattutto il Governo, che l’Unione Europea ha stabilito che sono gli Stati membri ad aver l’ultima parola su fare o fermare i progetti finanziabili in base a due criteri: la capacità di finanziamento pubblico e la fattibilità socio-economica.
Il Regolamento (UE) N. 1316_2013 CEF lascia infatti agli Stati membri la decisione di attuare i progetti secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica” (art. 17 par. 3), così come prevista dall’art. 7, par. 2, lett. c) attraverso un’Analisi Costi Benefici per la sostenibilità socio-economica.
In conclusione, e alla luce di tali previsioni, gli Stati membri, che rimangono titolari del potere di decidere in ordine all’attuazione dei progetti secondo i criteri evidenziati, sono tenuti a dimostrare la capacità di finanziamento pubblico di ogni fase del progetto secondo l’Analisi Costi Benefici, se intendono proseguire nell’esecuzione del progetto.
Nel caso di conseguente revisione del progetto e dei suoi tempi di esecuzione
In questo caso non vi saranno penali, perché l’Unione europea non vincola gli Stati Membri nelle loro decisioni di programmazione. L’UE dovrebbe valutare la possibilità di modificare il Grant Agreement (tra gli Stati e INEA, per conto dell’UE) oppure, in difetto, potrà rimodulare il finanziamento o revocarlo nelle parti relative alle opere non eseguite.
Ci auguriamo che Italia e Francia abbiano fin qui sorvegliato con attenzione l’attività di TELT, perché ogni inadempimento di questa società rimane comunque imputabile agli Stati membri che l’hanno costituita nei confronti dell’UE, secondo i principi generali che la giurisprudenza europea afferma in materia di mancato utilizzo dei finanziamenti erogati.
Desideriamo inoltre rimarcare che, per quanto riguarda appalti di lavori affidati da TELT, la legge italiana prevede la rinuncia dell’aggiudicatario degli appalti a qualunque pretesa, anche futura, connessa all’eventuale mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi (Art. 2, co. 232 lett. c) legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010) richiamata dal CIPE, con sua Delibera n. 67/2017. L’applicabilità della predetta normativa italiana ai rapporti contrattuali nascenti da procedure di gara regolate dalla legge francese discende dall’art. 3 della Legge di Ratifica 5 gennaio 2017, n. 1.
Conclusione
In conclusione, l’Italia dovrebbe giustificare politicamente e giuridicamente la necessità di rivedere gli impegni assunti in sede di Accordo con la Francia in ragione di due elementi:
1. l’iniqua ripartizione dei costi, perché non basata sui km di proprietà del tunnel (Italia 12,5 km, Francia 45 km) ex art. 11 dell’Accordo del 2012 (Cfr. Torino-Lione: Ma quanto ci costi?)
- infatti, l’impegno dell’Italia di finanziare il 57,9% dei lavori del tunnel di base (ex art. 18 dell’Accordo del 2012) è una iniqua contropartita finanziaria all’impegno, che la Francia ha già rinviato, di costruire a sue spese senza alcun finanziamento Ue una nuova linea ferroviaria di accesso al tunnel tra Lyon e Saint-Jean-de-Maurienne dotata di 33 km di tunnel a doppia canna, conformemente all’art. 4 del trattato dell’Accordo di Parigi 27 settembre 2011 senza questa contropartita della Francia, l’Italia non avrebbe avuto alcun interesse a sottoscrivere alcun impegno, dato che insistono sul suo territorio solo 12,5 chilometri sul totale di 57,5 chilometri del tunnel di base,
- è legittimo che l’Italia rifiuti di finanziare la costruzione del tunnel di base di 57,5 km più della Francia senza alcuna contropartita dato che le è richiesta una partecipazione finanziaria superiore a quella della Francia come riequilibrio.
2. – la previsione italiana di lotti costruttivi non funzionali, parte dei quali non dispone ancora di copertura finanziaria (come risulta dalla stessa Delibera CIPE n. 67/2017, cit.).