CONFINDUSTRIA E I SUOI: PERCHÉ SI’

AL RILANCIO DEGLI INVESTIMENTI INFRASTRUTTURALI E ALLE GRANDI OPERE STRATEGICHE PER L’EUROPA?

Le Imprese Italiane sostengono da sempre l’importanza dei Corridoi Europei e delle Grandi Opere che li realizzano, in quanto una grande Rete Comune di infrastrutture logistiche e di trasporto è uno strumento essenziale per l’integrazione economica e sociale dell’Unione e nell’Unione Europea.

Lodevole incipit, restano perplessità su fondatezza e dimostrabilità dell’aggettivo “essenziale”.

Le Grandi Opere sono essenziali ad un efficace rilancio della nostra politica infrastrutturale basato su sostenibilità e competitività, ma da sole non bastano, perché tutte le infrastrutture, grandi e piccole, vanno gestite e mantenute costantemente in efficienza per contrastare gli effetti dell’usura e garantire condizioni di sicurezza, per evitare i numerosi e a volte tragici eventi dovuti alla progressiva riduzione degli investimenti, ormai in atto da troppi anni, da destinare anche a interventi di monitoraggio e di adeguamento strutturale e tecnologico, di ammodernamento e messa in sicurezza.

Ancora l’improbabile aggettivo del capoverso precedente unito a “rilancio”, a “competitivo/competitività/competere” ad oltranza anche in seguito, il resto è attinto al limite del plagio dal comunicato di PresidioEuropa No TAV del 1° dicembre 2018.

Si evidenzia l’irrazionalità infantile del volere comunque tutto per farci stare di tutto.

Per questo, le Imprese Italiane chiedono un vero rilancio degli investimenti infrastrutturali, nelle reti ditrasporto e di servizi, nella difesa idrogeologica e antisismica, nell’edilizia scolastica e sanitaria, nella rigenerazione e nella riqualificazione delle aree urbane e nel risanamento e nella tutela ambientale; interventi capaci di migliorare il benessere e la qualità della vita, la competitività delle imprese e l’attrattività dei territori.

Qui siamo oltre al plagio, copiatura allo stato elementare con il solo difetto che nella realtà la richiesta delle imprese italiane, o più correttamente dei loro padroni, (le iniziali maiuscole le lasciamo a qualcun altro eccessivamente autoreferenziale) si ferma ai primi di punti, da difesa idrogeologica in poi sono richieste dei cittadini, regolarmente disattese.

Per una effettiva politica di rilancio degli investimenti infrastrutturali, le Grandi Infrastrutture per la mobilità di persone e merci sono essenziali per collegare l’insieme del Paese all’Europa, ma lo sono anche numerose “opere minori” per connettere i diversi territori del nostro Paese, da Nord a Sud, da Ovest a Est.

Continuando a copiare è sfuggito un ”lapsus” dall’inconscio degli autori: le “opere minori” smettono di essere quelle virtuose del capoverso precedente per tornare ad essere esclusivamente trasportistiche e commerciali (connettere).

I Corridoi Europei e le loro connessioni territoriali rappresentano la struttura portante sulla quale si è costruita, nel tempo, una strategia infrastrutturale e logistica capace di sfruttare la centralità dell’Italia negli scambi euro-mediterranei e le sue straordinarie opportunità di sviluppo, in un contesto economico sempre più orientato alla globalizzazione degli scambi e alla competitività internazionale.

I corridoi europei (ancora opportunamente in banale minuscolo) sono tratti di penna su carte geografiche non una struttura portante. Sicuramente è stata da tempo costruita una strategia ma è RIMASTA tale e non sfruttato un bel nulla, a prescindere che il verbo sfruttare, per le persone per bene, connota un pessimo modo di agire.

Le straordinarie opportunità negli scambi euro-mediterranei della centralità italiana sono un bel concetto, privo di significato, salvo volerlo interpretare come rotte marittime, porti, navigazione commerciale e da diporto che poco hanno in comune con un doppio buco nelle Alpi occidentali.

Sarebbe pertanto inconcepibile fermare i cantieri delle Grandi Opere e rimettere in discussione investimenti infrastrutturali già valutati, discussi, rivisti, progettati, concordati, finanziati e ormai in corso di realizzazione.

Per quanto esposto sino a questo punto non vi sono argomenti per poter affermare che la chiusura dei cantieri inutili debba essere inconcepibile, tanto più per opere che non sono affatto in corso di realizzazione ma solo in fase ricognitiva e tanto meno sono compiutamente finanziati. Il “fasaggio” non è certo un’invenzione degli oppositori.

I nostri Grandi Progetti dei Corridoi Europei, integrati con i necessari interventi strutturali, regolatori e tecnologici ad essi funzionali, vanno assolutamente realizzati. Le principali ragioni a sostegno riguardano:

• l’integrazione economica del nostro Paese su scala soprattutto europea, nella quale si sviluppa quasi il 60% dell’export e dell’import italiano, cioè quasi 500 miliardi di euro su 850 che passano attraverso le Alpi!

• la promozione di un sistema dei trasporti centrato sull’intermodalità, con una maggiore quota di trasporto su ferro sulle lunghe distanze, più economico, più rapido, più sicuro e più sostenibile.

• la crescita economica e le migliaia di nuovi posti di lavoro che derivano da investimenti ad alta redditività non solo nella fase di cantiere, ma anche a regime, perché connettono il nostro Paese con l’Europa e col Mondo, offrono agli operatori economici accessi più agevoli ai mercati di riferimento, migliorandone efficienza e competitività, e rendono il Sistema Paese più competitivo e attrattivo per gli investitori internazionali e i flussi turistici.

L’ultima frase puntata deve essere tradotta per non essere assurda.

Investimenti ad alta redditività generano crescita economica, vero ma questa crescita confluisce nella remunerazione del capitale investito, non ha quindi ritorni collettivi.

Ma le grandi opere, e questa in particolare, non sono ad alta redditività, anzi sono spesso a redditività zero o negativa, infatti per quale motivo si invocherebbero capitali pubblici anziché investire i propri.

Alta redditività in fase di cantiere, vero ma ad alta redditività sono le ghiotte commesse per realizzare l’opera non l’opera in sé, ed altrettanto ghiotta è l’opportunità di accaparrarsi un debitore pubblico da finanziare (e mungere) per decenni.

Esempio di scuola di trasformazione degli investimenti con capitale a rischio in investimenti a capitale e remunerazione garantiti, salvo tirare troppo la corda e portare la Stato al fallimento. 

Alta redditività a regime, falso. Il sistema paese sarà tanto più attrattivo per gli investitori quanto più le infrastrutture saranno offerte a basso costo, deprivando lo Stato di significativi ritorni a scapito dei cittadini ed a favore di ristrette cerchie di operatori economici, spesso stranieri come chiaramente indicato.

Gli investimenti ad alta redditività hanno una correlazione inversa con la creazione di posti di lavoro perché più vi è remunerazione della componente lavoro meno ne rimane per il capitale investito.

Per i flussi turistici vedere anche più avanti.

Comunque che c’azzeccano i flussi turistici con un opera ferroviaria convertita al trasporto merci per cercare una briciola di ragion d’essere, essendo il trasporto passeggeri abbandonato da anni in ogni previsione?

Per tutte queste ragioni, la vera posta in gioco sulla Torino-Lione e sulle altre Grandi Opere Strategiche è soprattutto la realizzazione di una grande opportunità di crescita per l’Italia, una leva per una trasformazione economica e sociale in grado di aumentare la qualità dello sviluppo e di garantire il benessere delle future generazioni.

“Posta in gioco”, è proprio vero, qui si continua a giocare con il futuro dei giovani che in questo sistema economico che da capitalista, che già era di rapina, e diventato “mercatista”, regolato dalla volontà dei mercati, sono gli unici che non possono permettersi di giocare.

Quando un progetto o un’opera, riconosco di ripetermi ma insisto con le iniziali minuscole quando occorrono, non sono ragionevoli, quando gli argomenti a sfavore sono inequivocabili, quando la loro inutilità è palese per continuare a crederci, a volerli follemente, devono diventare strategici.

Grazie davvero per questo illuminante argomento da ultima spiaggia, chiunque si appella a questo aggettivo per promuoverli aumenta in modo esponenziale la bontà delle ragioni per cassarli.

PERCHÉ SÌ alla TAV TORINO-LIONE?

• Perché vogliamo e sogniamo un’Italia protagonista, forte e competitiva, con un ruolo centrale e non periferico in Europa e nel Mondo.

Periferico? Esiste qualche italiano o piemontese che ogni mattina quando si sveglia prova la sensazione di vivere in Patagonia?

E’ forse un tormento dei nostri illuminati industriali che assumendo simili posizioni si sono auto isolati dal resto società e dai suoi irrisolti problemi?

 • Perché puntiamo ad una società inclusiva, grazie anche a infrastrutture che riducono la marginalità, che avvicinano e integrano territori e comunità, economie e persone, a livello nazionale, europeo e globale.

Questa è la migliore, per essere una società inclusiva forse sarebbe meglio cominciare accogliere con rispetto i migranti anziché realizzare infrastrutture per i più egoisti tra noi stessi che manco si sognano di includere qualcuno.

 • Perché mentre altri grandi Paesi realizzano ambiziosi obiettivi economici e politici investendo significativamente sulle grandi reti infrastrutturali, l’Italia non può danneggiare se stessa e l’Europa, mettendo in discussione un disegno di Rete Comune condiviso e finanziato da tutti gli Stati Membri e dalle Istituzioni Comunitarie, dopo decenni di confronto, verifica e selezione delle priorità.

Ancora una verità sfuggita di penna: le grandi opere inutili e imposte sono ambiziosa progettualità politica, che questa modalità di praticare la politica possa essere letta come progresso democratico è tutta un’altra faccenda. Si potrebbe anzi affermare che le grandi opere sono tragli strumenti più efficaci per condurre aggressive offensive geo-politiche planetarie, ultima ratio prima di passare a conflitti armati veri e propri.

Il disegno di una rete comune sicuramente esiste ma rimane un disegno, e lo rimarrebbe anche con l’aggiunta di cinquantasette chilometri di tunnel a doppia canna in mezzo alle montagna e basta, in buco in mezzo al nulla, salvo il lungimirante o meglio “strategico” disegno. In ogni caso troppo “lungi”, fuori dal tempo e dal buon senso.

• Perché una Rete Infrastrutturale Europea non è tale senza tutti i Corridoi in cui essa si articola e, senza la Torino-Lione, non esisterebbe il Corridoio Mediterraneo, che collega l’Europa dalla Spagna all’Ungheria al di qua delle Alpi, per il quale l’Italia si è battuta con vigore per evitare l’isolamento e la marginalizzazione di tutto il nostro Paese.

Verissimo, la rete infrastrutturale europea non è tale perché è orfana di corridoi che non esistono se non sulla carta e se, sempre sulla carta, non esiste altro che un tratto di penna anche per al Torino Lione, nulla continua ad esistere, in modo particolare per il corridoio mediterraneo che è un bello slogan senza capo né coda. Qualcuno ha forse scordato che fine hanno fatto Lisbona e Kiev?

“Isolamento”? Qualche riga più sopra si afferma che attualmente attraverso le Alpi transitano 850 miliardi all’anno di export italiano. Quando si vuol mistificare la realtà bisognerebbe almeno evitare le contraddizioni.

• Perché la quota di finanziamento più rilevante per coprire il costo della sezione transfrontaliera sarà a carico dell’Unione Europea, disposta ad aumentare il proprio contributo dall’attuale 40% al 50%, e quella a carico dello Stato Italiano è già stata tutta impegnata programmaticamente e non avrebbe impatti negativi sui saldi di finanza pubblica.

Falso, non vi è neppure un atto ufficiale UE che assegni con chiarezza il quaranta per cento, il cinquanta è chiacchiera da uscieri e favola di pennivendoli della domenica.

Il magico concorso europeo sarebbe comunque commisurato ai costi 2002, già lievitati da 8,2 miliardi a 9,6 senza avere ancora avviato i lavori e, ancor peggio, sarebbe ancorato a questo valore anche in caso di costi a consuntivo più alti, normalmente di tre o quattro volte.

Prudenzialmente:

9,6 x 3 = 28,8 costo a consuntivo      8,2 x 40% = 3,28 concorso UE massimo ipotizzabile     

3,28 : 28,8 x 100 = 11,39%  percentuale concorso UE effettivo a consuntivo

Per i distratti è opportuno ricordare che queste cifre non sono riferite al collegamento Torino-Lione ma al solo tunnel di base sotto le Alpi, cinquantasette chilometri su duecentotrentacinque dell’intero percorso.

• Perché, a conti fatti, completare la Torino-Lione costerebbe meno che non realizzarla, a causa della restituzione dei finanziamenti ricevuti, della perdita di opere già realizzate non più utilizzabili, dei costi della rescissione di contratti già sottoscritti e di quelli per la messa in sicurezza, il ripristino del territorio allo status quo ante e l’adeguamento, comunque parziale e insufficiente, dell’attuale Linea Ferroviaria Storica rispetto agli standard europei.

Totalmente falso per cinque motivi:

perché i conti non sono ancora stati fatti, perché questi argomenti sono fanfaronate del commissario straordinario smentiti in tutte le sedi competenti, perché l’adeguamento della linea che è “attuale” anziché spregiativamente “storica” è già stato realizzato nel decennio scorso, perché i fantomatici standard europei non sono rispettati nel 90% delle linee europee e in tutte le linee italiane da Firenze in giù ed in gran parte di quelle a nord della “Linea gotica”, citazione quest’ultima “storica” per davvero.

• Perché, senza la Torino-Lione il trasporto di merci su tutto il Versante Ovest dell’Arco Alpino diventerebbe meno competitivo e più costoso, con impatti negativi sugli scambi con tutti i Paesi collegati dal Corridoio Mediterraneo (Francia, Spagna, Portogallo, Isole Britanniche, Belgio e Lussemburgo), attualmente pari a 205 miliardi di euro (di cui 81 miliardi solo con la Francia).

La Torino Lione mancherebbe comunque perché in progetto c’è il solo tunnel di base.

Il trasporto merci non “diventerebbe” meno competitivo e più costoso, se lo fosse già ora potrebbe al massimo “rimanerlo”.

Il corridoio mediterraneo che è un aspirazione concettuale collega già ora con le infrastrutture esistenti tutti i paesi interessati.

La rilevante entità dei traffici attuali è argomento già svelatosi come palese contraddizione parlando di “isolamento”.

• Perché al 2030 si ridurrebbe il transito stradale di quasi 1.000.000 veicoli pesanti l’anno, con una riduzione di emissioni inquinanti stimate in 3 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, pari a quelle di una città di 300.000 abitanti.

Falso, perché un velocissimo quanto corto tratto di ferrovia, stretto tra due colli di bottiglia corrispondenti al resto della linea su entrambi i versanti, italiano e francese, non produrrebbe alcun significativo trasferimento modale oltre quanto già consentito dalla linea attuale.

Se questo trasferimento interessasse veramente a qualcuno si potrebbe attuare anche domani con drastiche politiche di incentivi del ferro e tassazione della gomma, politiche assolutamente compatibili con la capacità della linea attuale, utilizzata per meno del trenta per cento della sua capacità.

 • Perché l’entrata in funzione della Torino-Lione è in grado di avvicinare l’Italia all’Europa, collegando Milano a Parigi in 4 ore e mezza, a Barcellona in 6 ore, a Londra in 7 ore, con importanti impatti positivi per tutta la filiera turistica.

Continua la voluta mistificazione della realtà cercando di confondere il collegamento tra le due città con il solo tunnel di base sotto le Alpi del nord ovest.

Il nesso tra la “filiera turistica” che è un concetto inventato sul momento ed il potenziamento del trasporto merci su ferro tenteremo di chiarirlo una prossima volta, probabilmente discutendone con i ragazzi del “Treno della memoria”.

• Perché il progetto, nel periodo più intenso di costruzione 2020-2027, può stimolare, direttamente e indirettamente, una crescita economica di 11,3 miliardi di euro che, al netto dei costi di investimento, equivale a quasi 1 miliardo l’anno, con un’occupazione aggiuntiva di circa 5.000 unità l’anno.

Asserzione talmente strampalata da essere un’offesa dell’intelligenza, non merita commenti.

• Perché infrastrutture come la Torino-Lione, ampiamente dibattute con i territori e le comunità interessate, per i loro contenuti di tecnologia e innovazione, di efficienza e sicurezza, sono investimenti in grado di generare crescita e occupazione nel medio lungo periodo, aumentando la produttività totale dell’intera economia nazionale e il benessere della collettività.

• Perché di tutto questo è convinta la maggioranza del Paese, che per quasi il 60% è favorevole alla Torino-Lione e alle altre Grandi Opere Strategiche.

 Ancora il solito aggettivo “strategiche”, questa volta al femminile plurale per fare di ogni erba un fascio ed ancora con l’iniziale maiuscola.

Possiamo dire di avercela fatta. Il nulla stratificato, faticosamente trascinato sino a questo punto, non aveva speranza di diventare qualcosa di concreto e si deciso di concludere questo illuminato manifesto con l’aggettivo più prezioso e veritiero, quello che svela la debolezza degli argomenti sostenuti o la loro vera e propria assenza.

Per tutti questi motivi,

CONFINDUSTRIA, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI, CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI, LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE, CONFAGRICOLTURA, CONFAPI, ANCE con tutte le loro rappresentanze territoriali e di categoria e tutte le loro imprese associate, insieme a tutto il Paese, dicono:

SÌ TAV!

SÌ alle Grandi Infrastrutture Strategiche Europee!

SÌ al Futuro, allo Sviluppo e alla Crescita Sostenibile!