Progetto Torino-Lione: l’esempio da non seguire

Questo articolo è la seconda parte del rapporto “Progetto Torino-Lione: l’esempio da non seguire” pubblicato nell’ultimo numero del Journal de l’Insoumission n°21, in edicola dal 10 gennaio 2022 (maggiori informazioni alla fine dell’articolo).

Cos’è il progetto Torino-Lione?

Nato negli anni 90, il progetto di collegamento ferroviario Torino-Lione prevede di collegare le città di Parigi e Milano in 4 ore, quelle di Lione e Torino in 2 ore, trasportando 40 milioni di tonnellate di merci e 5 milioni di passeggeri all’anno. Il suo completamento richiederà la costruzione di 164 km di tunnel e gallerie scavate attraverso le Alpi.

Analizzato a fondo più volte dalla Corte dei conti, ma anche dal 1998 dalle Amministrazioni centrali e nel 2018 dal Conseil d’Orientation des Infrastructures, il progetto, fatto su misura per i giganti dell’edilizia, è stato denunciato da numerose associazioni, residenti ed eletti su entrambi i lati della frontiera franco-italiana.

Gli oppositori chiedono di fermare il progetto, che descrivono come un GPII (Grandi Progetti Inutili e Imposti), citando danni irreversibili all’ambiente e l’impossibilità di rendere il progetto finanziariamente sostenibile.

In Italia, dopo due anni di sospensione del lavoro per motivi economici e sanitari, il lavoro è ripreso, protetto da militari e filo spinato, a causa di una fortissima mobilitazione cittadina. Già nell’aprile 2003, più di 20.000 oppositori si erano riuniti per protestare creando i Presidi No TAV contro il treno ad alta velocità.

Assediando il cantiere alla maniera dei “guerriglieri della foresta”, impediscono che questo progetto devasti una valle stretta che non è stata ancora molto toccata dal turismo e dall’industria di massa.

Ndrangheta, radioattività, amianto: un progetto che preoccupa l’Italia

Un altro timore degli oppositori italiani e francesi è che il progetto Torino-Lione divenga il nuovo territorio dalla predazione mafiosa che regna nell’edilizia italiana. In un rapporto del 2014, la giornalista Valentina Parlato ha rivelato che diverse società legate alla mafia avevano già lavorato al progetto ferroviario Torino-Lione nonostante l’arsenale legale esistente in Italia. Sorprendentemente, il promotore del progetto aveva nominato come direttore generale la stessa persona che aveva firmato gli ordini alle società mafiose…

E non è tutto. La presenza di amianto e uranio è nota da molto tempo in Val di Susa. La compagnia petrolifera italiana AGIP aveva già confermato la presenza di materiali radioattivi negli anni ’70. Nel 2012, un video trasmesso dal quotidiano Il Fatto Quotidiano mostrava Massimo Zucchetti, un professore del Politecnico di Torino, mentre registrava livelli di radioattività nelle vicinanze del sito che erano fino a 1.000 volte superiori alla radiazione naturale. Questo significa che le rocce estratte dovrebbero potenzialmente essere trattate come rifiuti radioattivi. Questo complica il processo di perforazione, ma, cosa più importante, comporterebbe un alto rischio di contaminazione in tutta la regione.

Uno spreco di oltre 26 miliardi di euro di denaro pubblico

Finanziato dall’Unione europea al 50%, mentre il resto è a carico di Francia e Italia, il costo del progetto Torino-Lione è stato inizialmente stimato in 12 miliardi di euro, di cui 8,3 miliardi solo per i 57 km del tunnel di base del Moncenisio. Il sito promozionale del progetto “La Transalpine” (www.transalpine.com) dichiarava con orgoglio nel settembre 2011 un “investimento annuale (…) dell’ordine di 200 milioni di euro, cioè meno del 10% del bilancio annuale previsto dell’Agence de Financement des Infrastructures de Transport en France” (AFITF).

Da allora è stato rivalutato a più di 26 miliardi di euro, secondo le cifre del Tesoro francese. Ma questo costo riguarderebbe solo la parte di costruzione, e non terrebbe conto dei costi operativi, il che crea dubbi sulla reale sostenibilità finanziaria del progetto.

Questa stima di 26 miliardi è stata ripresa dalla Corte dei conti francese, che con una rapporto indirizzato al primo ministro il 1° agosto 2012 ha sottolineato “l’aumento dei costi, le stime di traffico troppo ottimistiche e il finanziamento incerto”, mettendo in discussione la “redditività socio-economica troppo bassa” del progetto.

Daniel Ibanez, un economista delle procedure collettive, dirigente di una società di consulenza e oppositore del progetto, parla di un costo che deve essere rivalutato almeno a 30 miliardi di euro. Ciò graverebbe effettivamente sull’AFITF per un terzo del suo bilancio annuale. Daniel Ibanez denuncia uno spreco di denaro pubblico per un progetto inutile. Secondo lui e gli esperti ferroviari con cui lavora, è possibile, con le infrastrutture esistenti, spostare circa 1 milione di veicoli pesanti dalla strada alla ferrovia per un prezzo molto più basso, tra 200 e 400 milioni di euro. Questa ipotesi era anche menzionata nel rapporto del 2012 della Corte dei conti francese, che raccomandava di “non chiudere troppo rapidamente l’alternativa di migliorare la linea esistente”.

La SNCF ha confermato le ipotesi che aveva avanzato in una presentazione fatta a dicembre, in cui la capacità dei binari sembrava essere coerente con le dichiarazioni di Daniel Ibanez.

Soldi pubblici non persi per tutti…

Ma che senso avrebbe sprecare inutilmente del denaro pubblico, ci si può chiedere, increduli? La risposta è piuttosto ovvia non appena si scava un po’ più a fondo nella questione: per il “Comitato per la Transalpina”, una lobby pro-Torino-Lione, è essenziale che il finanziamento “conservi il coinvolgimento del settore privato” sotto forma di un partenariato pubblico-privato (PPP). Tuttavia, sappiamo fino a che punto questi PPP costituiscono un abisso finanziario e una predazione della ricchezza pubblica. Anche la Corte dei conti francese nel suo rapporto del dicembre 2017 chiede di “porre fine alla corsa a capofitto” che i PPP costituiscono “a causa del loro costo e della loro insostenibilità finanziaria”.

In breve, un contratto PPP permette a un’autorità locale di affidare la progettazione, la costruzione e il finanziamento di una struttura pubblica a un consorzio di imprese private. Ma soprattutto, delegare la sua gestione per un lungo periodo, da 25 a 30 anni. L’utente pubblico paga quindi un affitto durante tutta questa superconcessione, poi recupera la proprietà solo quando l’obsolescenza e l’invecchiamento delle installazioni richiedono pesanti investimenti di riabilitazione.

Dietro la “Transalpina”, una lunga storia di predazione delle risorse idriche

Per la cronaca, il “Comitato per la Transalpina” è una lobby presieduta da Franck Riboud, ex-Presidente di Danone, che ha ereditato da suo padre. Era la persona più pagata del CAC 40 nel 2009 e allo stesso tempo un sostenitore dell’abolizione della tassa sul patrimonio. Incredibile, vero?

Ora è presieduto da Jacques Gounon. Non lo conoscete? E’ il Presidente di Jetlink (Eurotunnel, sotto la Manica), quindi in una buona posizione per promuovere lo sfruttamento della ferrovia a vantaggio del settore privato e con il fallimento di coloro che finanziano le opere più importanti.

Questa lobby Torino-Lione non esita a dichiarare, nel corso della trasmissione televisiva francese “Prove alla mano”, che prepara una pappa accettabile per gli eletti affinché diventi una decisione d’investimento.

Una linea ferroviaria moderna e poco utilizzata

Il progetto è tanto più assurdo in quanto esistono già infrastrutture adattate al trasporto europeo.

Sono stati eseguiti lavori per un valore di 1 miliardo di euro per modernizzare la linea esistente. Ma è utilizzata solo al 20% della sua capacità massima.

Secondo TELT e SNCF, una ventina di treni al giorno circolano su questa linea. Da allora, il lavoro svolto permetterebbe il passaggio di più di 150convogli.

C’è un potenziale significativo per lo sviluppo della ferrovia. 100 treni sarebbero sufficienti per raggiungere l’obiettivo di 1 milione di veicoli pesanti in meno sulle strade, cioè circa due terzi del traffico pesante nei due tunnel alpini del Fréjus e del Monte Bianco.

Tanto più che gli autotrasportatori sono a favore del trasporto ferroviario. In una lettera congiunta con “Gli Amici della Terra” datata 6 febbraio 2019 e indirizzata al Ministero dei Trasporti francese, la Federazione Nazionale francese degli Autotrasportatori (FNTR) ha chiesto la realizzazione di navette ferroviarie per il trasporto merci tra la regione di Lione e l’Italia per “relocalizzare l’occupazione” di fronte alla concorrenza europea.

Secondo Daniel Ibanez, sarebbe sufficiente un investimento stimato tra i 200 e i 400 milioni di euro in materiale rotabile e porta container e l’accesso alla piattaforma di trasferimento modale per migliorare la fluidità della linea esistente – molto meno del costo del progetto, stimato in 24,5 miliardi di euro nel dossier dell’inchiesta pubblica e 26 miliardi di euro (valori 2012) dal Dipartimento del Tesoro della Corte dei conti francesi.

Quando tutte le bugie sono buone

I promotori di questo progetto non esitano a mentire apertamente sui presunti vantaggi di questo progetto: Hubert du Mesnil, Presidente di TELT, loda i suoi vantaggi rispetto al percorso attuale: “L’obiettivo è di avere un tempo di percorrenza di 4 ore invece delle attuali 7 ore, quindi si risparmieranno 3 ore di viaggio. Chi sarebbe contrario a risparmiare 3 ore?

Il problema è che con le fermate, il tempo di percorrenza reale della nuova linea sarà di 5h35 e risparmierà solo 1h25! Una sfumatura …

Ma quando il programma televisivo francese “Supplemento d’inchiesta” gli ha presentato questo calcolo, la reazione di Hubert du Mesnil è stata semplice: “Senta, non stiamo parlando di un minuto, (…) stiamo parlando di ordini di grandezza”. No Hubert, con il tuo calcolo, siamo a circa 95 minuti … Un dettaglio!

E dovremmo fidarci di tutta questa gente?

Anthony BRONDEL e Bruno ISSELIN

Consultate l’opuscolo pubblicato dalla rete nazionale degli eletti Insoumis-es sulla Torino-Lione (22 pagine) che ritorna – cifre e studi a sostegno – sulla posta in gioco dell’acqua e sulla possibilità di far passare 1 milione di camion tra Lione e Torino grazie alle ferrovie che già esistono: cliccate qui!

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Ritrovate l’inizio del rapporto “ProgettoTorino- Lione: l’esempio da non seguire” pubblicato nel Journal de l’Insoumission n°21, in edicola dal 10 gennaio 2022 (rubrica “Le Climat à la loupe”). Per abbonarsi alla rivista (trimestrale) e al settimanale per riceverli direttamente a casa: https://linsoumission.fr/sabonner/ Per vedere la mappa dei punti vendita: https://www.leji.fr/


Projet Lyon-Turin : L’exemple à ne pas suivre. Publication : 10 janvier 2022

Cet article est la seconde partie de notre reportage « Projet Lyon-Turin : L’exemple à ne pas suivre » publié dans le dernier numéro du Journal de l’Insoumission n°21, en kiosque à partir du 10 janvier (plus d’informations en fin d’article).

Le Projet Lyon-Turin, c’est quoi ?

Né dans les années 90, le projet de liaison ferroviaire Lyon-Turin prévoit de relier Paris-Milan en 4 heures, Lyon-Turin en 2 heures, tout en transportant 40 millions de tonnes de marchandises et 5 millions de voyageurs par an. Sa réalisation necessitera la construction de 164 km de tunnels et galeries creusés à travers les Alpes.

Épinglé à plusieurs reprises par la Cour des comptes mais aussi depuis 1998 par les administrations centrales et en 2018 par le Conseil d’Orientation des Infrastructures, le projet taillé sur mesure pour les géants du bâtiment est dénoncé par de nombreuses associations, habitant·es et élu·es des deux côtés de la frontièrefranco-italienne.

Les opposants demandent l’arrêt du chantier, qu’ils qualifient de GPII (Grand projet inutile imposé) évoquant des dégâts irreversibles pour l’environnement et l’impossible soutenabilité financière du projet.

En Italie, après 2 ans d’arrêt des travaux pour des raisons économiques et sanitaires, les travaux ont repris, protégés par des militaires et des barbelés en raison d’une très forte mobilisation citoyenne. Dès Avril 2003, déjà plus de 20 000 opposants s’étaient rassemblés pour protester et ont installé des lieux de protection (Presidio): Les No TAV, opposés au TAV : treno ad alta velocità (train à grande vitesse en italien).
Ils font le siège du chantier à la manière des « guérilla de forêt » pour empêcher que ce projet ne vienne dévaster une vallée étroite et encore peu impactée par le tourisme de masse et par l’industrie.

Ndrangheta, radioactivité, amiante : un projet qui inquiète en Italie

Autre crainte des opposants italiens et français : le projet Lyon-Turin ne serait pas à l’abri de la prédation mafieuse qui règne notamment au sein du BTP italien. En 2014, dans un reportage, la journaliste italienne Valentina Parlato a revélé que plusieurs entreprises liées à la mafia auraient déjà travaillé sur le projet ferroviaire Lyon-Turin malgré l’arsenal juridique existant en Italie. Etonnament, le promoteur du projet avait nommé au poste de Directeur général celui qui avait signé les commandes à des entreprises mafieuses…

Et ce n’est pas tout. La présence d’amiante et d’uranium est connue de tous depuis longtemps, dans le Val de Suse. La compagnie pétrolière italienne AGIP avait déjà confirmé, dès les années 70, la présence de matériaux radioactifs. En 2012, une vidéo diffusée par le quotidien Il Fatto Quotidiano, montrait Massimo Zucchetti, professeur au Politecnico de Turin, relever à proximité du site des taux de radioactivité jusqu’à 1000 fois plus élevés que la radiation naturelle. Cela signifie que les roches extraites devraient potentiellement être traitées comme des déchets radioactifs. Ce qui complexifie les procédés de percement, mais surtout qui présenterait de grands risques de contamination dans l’ensemble de la région.

Un gaspillage d’argent public de plus de 26 milliards d’euros

Financé pour moitié par l’Union Européenne – le reste étant à la charge de la France et l’Italie – le projet Lyon-Turin était d’abord estimé à 12 milliards d’euros dont 8,3 pour les seuls 57 km du tunnel de base du Mont-Cenis. Le site internet promotionnel du projet “la transalpine” (www.transalpine.com) indiquait fièrement en septembre 2011 un “investissement annuel (…) de l’ordre de 200 M€, soit moins de 10 % du budget annuel prévisionnel de l’Agence de Financement des Infrastructures de Transport en France” (AFITF).

Il a depuis été réévalué à plus de 26 milliards d’euros, selon les chiffres de la Direction Générale du Trésor. Mais ce coût ne concernerait que la partie construction, et ne prendrait pas en compte les coûts d’exploitation, ce qui crée le doute sur la réelle pérénité financière du projet.

Cette estimation de 26 milliards a été reprise par la Cour des Comptes, qui pointe dans un référé adressé au Premier Ministre le 1er août 2012 “des coûts qui augmentent, des estimations de trafic excessivement optimistes et des financements incertains” mettant en cause une “trop faible rentabilité socioéconomique” du projet.

Daniel Ibanez, économiste des Procédures Collectives, dirigeant d’un cabinet de conseil et opposant au projet, parle d’un coût qui doit être réévalué au moins à 30 milliards d’euros. Ce qui grèverait en réalité l’AFITF d’un tiers de son budget annuel. Daniel Ibanez dénonce un gaspillage de l’argent public dans un projet inutile. Selon lui et les experts ferroviaires avec qui il travaille, il est possible, avec les infrastructures existantes, de reporter environ 1 million de poids lourds de la route vers le rail pour un prix bien inférieur entre 200 et 400 millions d’euros. Cette hypothèse était d’ailleurs évoquée dans le référé de la Cour des Comptes de 2012, qui recommandait “de ne pas fermer trop rapidement l’alternative consistant à améliorer la ligne existante”.
La SNCF a d’ailleurs confirmé les hypothèses qu’il avance dans une présentation faite en décembre où la capacité des voies apparaît cohérente avec les déclarations de Daniel Ibanez.

De l’argent public pas perdu pour tout le monde …

Mais quel serait l’intérêt de gaspiller inutilement de l’argent public, peut-on se demander, incrédules … La réponse est plutôt évidente dès que l’on creuse un peu la question :  Pour le « Comité pour la Transalpine » lobby pro Lyon-Turin, il est indispensable que le financement « préserve l’implication du secteur privé » sous la forme de partenariat public-privé (PPP). Or on sait à quel point ces PPP constituent un gouffre financier et une prédation de la richesse publique. Même la Cour des Comptes dans son rapport de décembre 2017 appelle à « mettre fin à la fuite en avant » que constituent les PPP « en raison de son coût et de son insoutenabilité financière ».

En clair, un contrat de PPP permet à une collectivité de confier la conception, la construction et le financement d’un équipement public à un consortium d’entreprises privés. Mais surtout, de déléguer son exploitation sur une longue période, de 25 à 30 ans. L’utilisateur public paie alors un loyer tout au long de cette super-concession, puis en récupère la propriété seulement au moment où l’obsolescence et le vieillissement des installations nécessiteront de lourds investissements de remise en état.

Derrière “la Transalpine”, une longue histoire de prédation des ressources en eau

Pour mémoire, le « Comité pour la Transalpine » est un lobby qui était présidé par Franck Riboud, ex-PDG de Danone dont il a hérité de son père. Il était à la fois le mieux payé du CAC 40 en 2009 et partisan dès cette même date de la suppression de l’impôt sur la fortune. Etonnant, non ?
Il est maintenant présidé par Jacques Gounon. Vous ne le connaissez pas ? C’est le président de Jetlink (Eurotunnel) Il est donc bien placé pour promouvoir l’exploitation au profit du privé et avec la faillite de ceux qui financement les travaux les plus importants.

Ce lobby du Lyon-Turin n’hésite d’ailleurs pas à déclarer dans « Pièces à conviction » qu’il prépare de la bouillie acceptable pour les élus pour que cela devienne des décisions d’investissement.

Une ligne ferroviaire moderne peu exploitée

Le projet est d’autant plus aberrant que des infrastructures adaptées au fret européen existent déjà.

Des travaux pour 1 milliard d’euros ont été réalisés pour moderniser les voies existantes. Mais elles ne sont exploitées qu’à 20% du maximum de leurs capacités.

Selon TELT et la SNCF, il circule sur cette ligne une vingtaine de trains par jour. Depuis, les travaux effectués permettraient le passage de plus de 150.

Il existe là un potentiel important de développement du rail. 100 trains suffisent pour remplir l’objectif de 1 million de poids lourds en moins sur les routes, soit environ 2/3 du trafic de poids lourds des deux tunnels alpins du Fréjus et du Mont-Blanc.

D’autant plus que les transporteurs routiers sont favorables au fret ferroviaire. Dans un courrier commun avec “Les Amis de la Terre” du 6 février 2019 et adressé au ministère des Transports, la Fédération Nationale des Transporteurs Routiers (FNTR) demandait la mise en place de navettes de fret ferroviaire entre la région lyonnaise et l’Italie afin “de relocaliser l’emploi” face à la concurrence européenne.

Ainsi selon Daniel Ibanez, un investissement estimé entre 200 et 400 millions d’euros de matériel roulant et porte-conteneurs et des accès à la plateforme pour le report modal pour avoir plus de fluidité sur la ligne existante serait suffisant – bien moins que le coût du projet estimé à 24,5 milliards d’euros dans le dossier d’enquête publique et à 26 milliards d’euros (valeurs 2012) par la direction du Trésor de la Cour des comptes.

Quand tous les mensonges sont bons

Les promoteurs de ce projet n’hésitent pas non plus à mentir ouvertement sur les supposés avantages de ce projet : Hubert du Mesnil, PDG de TELT vante ainsi ses avantages par rapport au trajet actuel : « L’objectif c’est d’avoir un temps de parcours de 4 h au lieu 7 h actuellement, donc vous allez économiser 3 h de votre temps ». Gagner 3 heures, qui serait contre ?
Le problème, c’est qu’avec les arrêts, le vrai temps de parcours de la nouvelle ligne sera de 5h35 et ne fera gagner que 1h25 ! Nuance …
Mais, lorsque l’émission « Complément d’enquête » lui présente ce calcul, la réaction d’Hubert du Mesnil est simple : « Écoutez, on n’est pas à la minute près, (…) on est sur des ordres de grandeur. ». Non Hubert, avec ton calcul, on est à 95 minutes près … Un détail !
Et il faudrait accorder notre confiance à tous ces gens-là ?

Anthony BRONDEL et Bruno ISSELIN
Crédit photo : Francesco Antenucci

Consultez le cahier édité par le réseau national des élu·es insoumis·es sur le Lyon-Turin (22 pages) qui revient – chiffres et études à l’appui – sur les enjeux de l’eau et sur la possibilité de faire passer 1 million de camions entre Lyon et Turin grâce aux voies ferroviaires qui existent déjà : cliquez ici !
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Retrouvez le début de notre reportage «  Projet Lyon-Turin : L’exemple à ne pas suivre » publié dans le Journal de l’Insoumission n°21, chez votre marchand de journaux à partir du 10 janvier 2022 (rubrique « Le Climat à la loupe »). Pour s’abonner ou abonner un proche à votre magazine (trimestriel) et à l’hebdomadaire afin de les recevoir directement chez vous : https://linsoumission.fr/sabonner/  Pour voir la carte des points de vente : https://www.leji.fr/